La moneta in equilibrio tra passato, presente e futuro
Che cos'è la moneta? Gli economisti rispondono a questa domanda in modo pragmatico, indicando le funzioni principali della moneta, che sono principalmente tre. In primo luogo, è moneta tutto ciò che è riserva di valore (se lavoro oggi e guadagno 1 euro, lo posso spendere domani). In secondo luogo, è moneta tutto ciò che facilita gli scambi, in modo da risolvere il cosiddetto problema della double coincidence of wants. Un professore di economia potrebbe anche pagare la mortadella dal salumiere con una lezione sulla politica fiscale, ma il salumiere non avere alcun interesse a essere pagato in lezioni di economia. La moneta risolve questo problema. Quando il professore entra in un negozio è fiducioso che il negoziante accetterà le sue monete (di qualunque materiale o conio, fossero anche mattoncini gialli di plastica) come mezzo di pagamento. E il salumiere lo farà perché a sua volta si aspetta che il gommista sotto casa a cui offrirà mattoncini gialli sarà contento di accettarli.
Eppure la necessità di risolvere il problema della double coincidence non spiega completamente l'esistenza della moneta. Pensiamo a una famiglia o a una piccola comunità, quale per esempio un gruppo di studenti che condivide un appartamento. In queste comunità gli scambi avvengono anche in assenza di moneta. Il che indurrebbe a pensare che per risolvere il problema della double coincidence non sia strettamente necessaria la moneta. Eppure, la moneta circola anche nell'appartamento degli studenti. In che senso?
Immaginiamo il seguente esempio. Ugo e Maria si incontrano: Ugo ha mele e vuole banane; Maria vuole mele ma non ha banane. Come è possibile lo scambio? In una economia con moneta fisica (per esempio euro) Maria offre a Ugo moneta in cambio di mele. A sua volta Ugo utilizza la moneta per comprare, in futuro, banane da Paolo. Questo è ciò che avviene in una economia monetaria classica.
Ma la moneta è veramente necessaria per lo scambio tra Ugo e Maria? Immaginiamo il seguente accordo. Se Ugo fa oggi un regalo di mele a Maria, a sua volta domani Paolo darà banane a Ugo (altrimenti no). Dov'è la moneta in questo accordo? In apparenza non c'è. Ma in realtà la moneta virtuale che Maria offre a Ugo è qualunque sistema che permetta di far sapere a Paolo che (il giorno prima) Ugo ha fatto un dono a Maria. Se questa trasmissione di informazione è possibile, se è possibile tenerne memoria, allora nell'economia senza moneta può aversi la stessa sequenza di scambi di una classica economia monetaria. In altri termini, possiamo definire moneta tutto ciò che svolge la funzione di mettere in relazione una rete di regali nel tempo. Per fare ciò è necessario avere memoria di tutti i regali che sono stati scambiati nel passato.
In una economia più estesa di un appartamento di studenti, avere memoria di tutti i regali fatti nel passato può essere molto complicato. Ecco dunque che la moneta fisica che siamo abituati a utilizzare svolge il ruolo di sostituto della memoria. Comprendere che nella sua essenza la moneta è qualunque cosa possa sostituire la memoria è importante per accettare che la moneta non deve necessariamente avere una forma fisica. Nell'era tecnologica che stiamo vivendo, è infatti possibile espandere la nostra capacità di memoria in modo esponenziale. È sempre più probabile, dunque, che la moneta assumerà nel futuro prossimo una forma meramente elettronica. La natura sostanziale della moneta non verrebbe alterata, cioè quella di memoria di tutti i regali compiuti nel passato dagli agenti coinvolti.
È molto diffusa l'idea che la moneta possa essere creata dal nulla. Basta solo che la banca centrale decida di stamparla. Secondo questa narrazione sarebbe quindi sempre possibile generare risorse dal niente, alleviando qualsiasi vincolo fiscale di uno Stato. Nasce così l'idea che uno Stato sovrano, se possiede una banca centrale indipendente, non possa mai fare default sul proprio debito pubblico, perché avrebbe sempre al suo fianco una banca centrale in grado di acquistare, stampando moneta appunto, le emissioni di nuovi titoli per finanziare il rimborso di quelli circolanti. In quest'ottica, lo Stato può finanziare da solo le proprie spese, stampando moneta, al limite senza nemmeno ricorrere alla tassazione. Si tratta di una vera e propria illusione monetaria. Quando famiglie o imprese prestano moneta allo Stato, in realtà, ciò che si aspettano in cambio (il ritorno finanziario) non sono euro, bensì, molto prosaicamente, mele. Chi presta soldi allo Stato si aspetta un ritorno reale, perché nel cedere moneta allo stato ha rinunciato ad utilizzarla per comprare le scarpe o andare al cinema. Qualsiasi creditore, nel momento in cui contempli di prestare denaro, non può che ragionare così: presta euro preoccupandosi però che alla scadenza del debito non si ritrovi con meno mele di prima. Altrimenti, mai deciderebbe di prestare soldi tout court.
I debiti che lo stato deve onorare, quindi, sono sempre necessariamente in mele, non in moneta. L'idea che questi possano essere onorati stampando moneta è fallace. Perché se è vero che la moneta può crearsi dal niente, le mele invece no. Le mele richiedono alberi, irrigazione, lavoro, e anche un po' di fortuna con il clima. Più tecnicamente, stampare 100 euro in più di moneta vuol dire, prima o poi, e inevitabilmente, un prezzo delle mele maggiore. E quindi meno risorse reali. Al limite, se raddoppiare la quantità di moneta da 100 a 200 euro portasse ad un raddoppio immediato del prezzo delle mele, quelle risorse monetarie in più svanirebbero nello stesso nulla dal quale sono state create: con un contributo nullo ad alleviare i conti dello Stato.
La moneta è quindi fiducia, memoria, ma anche spesso mistica fuorviante.
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