Come pagheremo nel terzo millennio
Quale sarà il futuro della moneta? Le grandi imprese dell'economia digitale stanno esplorando con sempre maggiore velocità e profondità l'offerta di prodotti e servizi tradizionalmente forniti dal settore bancario. In parallelo si diffondono le monete criptate, anch'esse generalmente prodotte al di fuori del perimetro bancario. Infine alcune banche centrali stanno esplorando la possibilità di emettere contante digitale. In che cosa consistono queste innovazioni?
Partendo dalle monete criptate, quali sono le motivazioni che possono spiegarne l'interesse per il loro uso? Almeno due le possibili ragioni: perché la tecnologia di distribuzione le differenzia sia dal contante che dagli strumenti bancari; perché la loro tecnologia, basata sulla crittografia, può essere percepita come garanzia di maggiore anonimato, sia con la controparte, ma soprattutto rispetto a terzi (Stato incluso) se comparato con gli altri strumenti, escludendo il contante; perché ha un rendimento atteso alto, ancorché molto variabile.
Di queste due ragioni, senza dubbio nei mesi scorsi il motore più potente è apparso quello del rendimento. Un operatore alla ricerca di un'attività ad alto rischio/rendimento ne può essere attratto; niente di male, purché egli sia conscio della natura speculativa della sua scelta. In seconda battuta si può pensare che l'anonimato sia una motivazione rilevante per chi non ami la completa trasparenza; in questo insieme ci sono senza dubbio soggetti che hanno redditi maculati dall'aver commesso almeno un reato, a partire dall'evasione fiscale. È qui che emerge un potenziale danno pubblico dallo sviluppo dei mercati delle valute criptate.
E veniamo alla seconda, futuribile, innovazione nei modi di pagamento, rappresentata dal contante digitale. Oggi l'unica moneta pubblica disponibile è il contante. Le banche centrali dovrebbero invece consentire a tutti di avere un conto corrente, per il deposito, non per il credito, presso di sé, emettendo moneta elettronica. In altri termini, la banca centrale emetterebbe delle carte prepagate. È essenziale che la banca centrale crei una linea esclusivamente di debito, non di credito. Il credito della banca centrale deve rimanere riservato alle banche, in quanto il processo di affidamento di credito presuppone capacità e conoscenze, e relativa assunzione del rischio, che è impensabile estendere a tutti i cittadini. In altri termini, emettere moneta digitale non deve significare diventare una banca di stato, stile sovietico.
Il contante dovrebbe continuare ad essere emesso, ma solo in biglietti di piccolo taglio. Inoltre, se ci si ponesse come obiettivo anche la progressiva riduzione dell'uso del contante, dovrebbero essere penalizzati i trasferimenti da moneta digitale a moneta cartacea, con una penalizzazione crescente al crescere degli importi e/o della frequenza di tali trasferimenti.
Per un cittadino la scelta di una forma di moneta rispetto ad un'altra sarebbe legata alle sue preferenze rispetto alle diverse fonti di rischio. Per esempio, chi non sopporta i rischi della trasparenza sono quei soggetti che violano le leggi, da quelle sulla tassazione a quelle sul crimine, e che oggi tendono a preferire i contanti, o le monete criptate; soprattutto per queste ragioni l'introduzione della moneta pubblica virtuale dovrebbe essere appunto accompagnata da penalizzazioni dei trasferimenti verso le monete che garantiscano maggiori livelli di anonimato.
L'idea di emettere moneta elettronica non è il frutto della fantasia di chi scrive: diverse banche centrali, ufficialmente o ufficiosamente, stanno prendendo in considerazione tale ipotesi. Il futuro della moneta del terzo millennio si sta già scrivendo.
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