
Quando il diritto arretra
Il concetto di sovranità nasce alla fine di una guerra lunga e devastante che dilania l’Europa tra il 1618 e il 1648. La definizione dei confini viene vista, durante la Pace di Westphalia, come lo strumento fondamentale per evitare guerre in futuro. Il principio di sovranità è anche alla base della Carta delle Nazioni Unite, stilata subito prima della fine della Seconda Guerra mondiale. La carta dichiara anche che nazioni grandi o piccole avranno uguali diritti nell’organizzazione appena creata, e stabilisce che ogni nazione coopererà al fine di evitare guerre future.
Il principio di sovranità non è bastato ad evitare ogni guerra nell’ordine stabilito dopo la fine della seconda guerra mondiale, e sappiamo che le Nazioni Unite poterono essere create solo a condizione che i vincitori di quella guerra mantenessero il potere di veto nel Consiglio di Sicurezza, che equivale al potere esecutivo di quella organizzazione. Nonostante questo, l’impalcatura è sopravvissuta, e la sovranità è rimasta finora la norma fondamentale del sistema internazionale. Si tratta di una norma essenzialmente conservatrice, basata sulla stabilità, e mantenerla è stato quindi finora nell’interesse degli attori più potenti.
Stiamo ora assistendo alla violazione di questa norma in modi diversi, ma ugualmente distruttivi, proprio da parte di due fra gli attori più potenti del secondo dopoguerra. La Russia ha invaso l’Ucraina nel Febbraio del 2022, e più di recente gli Stati Uniti hanno preteso concessioni considerevoli della sovranità ucraina sulle sue risorse minerarie più prezione, le cosiddette “terre rare,” proprio per ripagare gli Stati Uniti per l’ aiuto militare contro la Russia.
Siamo di fronte quindi al tramonto della norma della sovranità? Di questa istituzione che per secoli, anche se in modo imperfetto, ha protetto popoli, terre, e risorse? Siamo alla fine di un sistema internazionale caratterizzato non solo dalla guerra, ma anche dalla cooperazione e dal rispetto per il territorio di tutti i suoi membri?
In passato, perfino gli studiosi e i politici che si sono ispirati al realismo, che hanno messo in discussione che ci potesse essere coordinamento e cooperazione fra gli stati, che non credevano nel diritto internazionale o nell’efficacia delle istituzioni internazionali, si sono limitati a esprimere scetticismo e critiche verso queste istituzioni, senza cercare di smantellarle. Henry Kissinger, il più famoso realista del ventesimo secolo, almeno in apparenza deferiva ad alcune norme, come raccomandava il suo modello, Nicolò Machiavelli. Anche George W. Bush aveva creduto che fosse necessario passare dalle Nazioni Unite per legittimare le sue iniziative militari.
Le norme, in campo internazionale come in ogni altro campo, servono a formare delle aspettative sul comportamento degli attori nel sistema. Ma più che in altri campi, le norme in campo internazionale sono fondamentali perché si tratta di un contesto nel quale manca un potere centrale che possa aggiudicare le dispute e far rispettare le regole.
Oggi le norme internazionali sono sotto minaccia esistenziale. Gli sforzi di tanti esseri umani e di istituzioni nel sottomettere il potere al diritto sono in pericolo. Negli ultimi ottanta anni, alcuni hanno profondamente creduto nelle istituzioni internazionali che stavano costruendo, altri le hanno usate cinicamente per i loro scopi, ma anche l’omaggio poco convinto di questi ultimi è servito a rafforzare il prestigio e lo status di queste istituzioni. Senza il rispetto per la norma che sia le nazioni grandi che quelle piccole hanno gli stessi diritti, la sovranità di ogni stato è in pericolo. Se le norme e il linguaggio dei diritti non sussistono, anche solo nominalmente, sulla strada del potere, allora ci troviamo tutti e tutte in sua balia.
Invece di arrenderci, la situazione attuale ci rivela che norme e principi sopravvivono solo quando trovano persone e istituzioni che li sostengono e li rispettano. Nei giorni più bui della guerra fredda, quando la minaccia di distruzione reciproca era palpabile, in molti continuarono a lavorare per rafforzare o costruire istituzioni che rendessero la guerra meno probabile, o per scrivere documenti sui diritti umani in un momento nel quale prevalevano l’oppressione e la discriminazione. Individui di buona volontà hanno lavorato per decenni, e ancora stanno lavorando, per portare giustizia e pace in Medio Oriente.
Di fronte a guerra e prevaricazione, come studenti, studiose, e cittadini preoccupati per la cooperazione, la giustizia, e l’uguaglianza dei diritti, dobbiamo continuare a sostenere norme e principi, in modo che non vengano dimenticati.
La giustizia è fragile. Nella Repubblica di Platone, Trasimaco se ne fa beffa, proprio come sembrano farsene beffa oggi gli uomini più importanti della terra. Nel racconto di Tucidide, gli inviati ateniesi a Melo rispondono alla preghiera degli abitanti di quella città di fare ciò che è giusto, che il giusto pertiene solo a chi ha uguale potere, altrimenti i potenti fanno quello che possono fare e i deboli soffrono quello che devono soffrire. Per più di due millenni in molti hanno provato a costruire istituzioni che difendessero la giustizia e contenessero il potere. Ora tocca a noi proseguire in questo compito.