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Focus Internazionalizzazione

La Bocconi nel mondo. Il mondo in Bocconi

, di Andrea Celauro, translated by Jenna Walker
L’accelerazione dell’apertura internazionale degli ultimi decenni porta oggi oltre seimila studenti internazionali, tra iscritti ed exchange, a frequentare un Ateneo che conta 288 Università partner e numerose alleanze. Ma la Bocconi fin dalla sua nascita ha desiderato aprirsi all’esterno, come racconta anche la storia

Luci. Luci colorate sull’albero di Natale. È la prima volta che Innocenzo Gasparini le vede. È un’usanza che in Italia ancora non esiste e l’annota in una lettera. Gasparini, che una trentina di anni dopo sarà rettore, è negli Stati Uniti, a New York, dove è stato inviato poco dopo la Seconda guerra da Giovanni Demaria, che rettore lo era allora. La missione è entrare in contatto con imprenditori americani che possano finanziare un’idea che a Demaria frulla per la testa da un po' di tempo: aprire una succursale della Bocconi nella Grande Mela. Il progetto viene poi abbandonato, ma l’evento è significativo per un motivo: è la dimostrazione dell’interesse che, già molti anni fa, l’Università Bocconi nutriva nei confronti di una propria dimensione internazionale.

Porte aperte

Oggi l’apertura internazionale dell’Ateneo è nei numeri: 288 università partner in 55 paesi del mondo, 37 Double Degree e un flusso di oltre 4.500 studenti in scambio (tra studenti in ingresso e in uscita) nell’anno accademico 2023/24, che si aggiungono ai quasi quattromila iscritti stranieri ai vari corsi. Per fare un paragone che dia la misura della crescita degli ultimi quarant’anni, nel 1984/85 gli studenti in scambio erano poco più di trenta. Guardando alle internship abroad, altra importante opportunità internazionale per gli studenti, il dato 2023 raggiunge le 1236 unità in 61 paesi, il 25% di tutte le internship realizzate nel 2023. Anche qui, il confronto nel tempo dà la misura del cambiamento: nel 1995 le internship all’estero erano poche decine, mentre il loro totale dall’avvio oggi ammonta a oltre 23 mila.

“La Bocconi è stata tra i primi atenei italiani a creare accordi di scambio. Era il 1974 e la Bocconi firmò il suo primo accordo con un’università francese e con una negli Stati Uniti”, racconta il rettore Francesco Billari. “Nell’ultimo quarto di secolo c’è stata un’accelerazione e oggi siamo quasi a quota trecento Università partner in tutti i continenti. Inoltre, siamo coinvolti in numerosi network globali e alleanze tra diverse università, come CIVICA, CEMS e PIM (Partnership in International Management)”. Undici in totale, tra cui THEMIS (International Legal Network of Excellence), GNAM (Global Network for Advanced Management, con SDA Bocconi) e U7+, l’Alliance of World Universities, di cui abbiamo scritto qui in occasione dell’ultimo Summit ospitato proprio dall’ateneo di via Sarfatti.

E se in anni più lontani la spinta all’internazionalizzazione si è sviluppata per portare la Bocconi nel mondo, attraverso le opportunità internazionali per gli studenti e attraverso l’allargamento continuo del bacino di alumni (oggi sono 75 i chapter della Bocconi Alumni Community), “l’elemento aggiuntivo che ha caratterizzato gli ultimi 25 anni è stato quello di portare anche il mondo in Bocconi”, continua Billari. “Per farlo, l’Università ha parlato sempre più in inglese (i primi corsi interamente in inglese sono stati l’MBA nel 1991 e il DIEM nel 2001), ha accolto sempre più studenti stranieri e reclutato sempre più docenti dall’estero”. Oggi, per esempio, le professoresse e i professori stranieri sono 105, il 25% dei 422 che compongono la core faculty, mentre le application di studenti dall’estero sono aumentate di oltre il 30% nell’ultimo anno (piccola nota di colore – i francesi sono i primi per numero di application tra gli studenti stranieri). “Dal punto di vista dell’internazionalizzazione, ad ogni inizio d’anno superiamo l’anno precedente, con una bella diversità di provenienze: sono oltre 100 le nazionalità presenti nel nostro campus”.

Una storia lunga un secolo. Anzi di più

Gasparini scrive da New York a metà del Novecento, ma l’apertura della Bocconi verso il mondo data molto più in là, praticamente dalla sua nascita. Carlo Parravicini, il primo laureato nel 1906, discusse una tesi dal titolo significativo: “Le grandi vie del commercio internazionale”, mentre nel 1907 Scipione Bolis si dedicò a “L’estremo oriente e i commerci italiani”. Qualcuno, come Riccardo Natali, si reca all’estero proprio per completare la tesi. In una lettera pubblicata dallo storico della Bocconi, Marzio Romani, in 'Costruire la classe dirigente – Lettere a un maestro', lo studente racconta la sua esperienza: “Sono entusiasta di questo viaggio che mi ha messo nella possibilità di avere delle concezioni che mai avrei potuto avere restando in Italia”, scrive. “Io so che il mio lavoro sarà molto imperfetto, ma spero che i professori giudicanti e poi gli Istituti interessati di Roma, coi quali sono in rapporto da tempo, comprenderanno questo mio sforzo di rendere un’idea generale e complessa della Persia”. Numerosi sono poi gli alumni che nei primi decenni del secolo già lavorano all’estero.

A giocare un ruolo fondamentale nel percorso di internazionalizzazione è poi l’accordo tra Bocconi e la Fondazione Serena. Nei primi anni Venti Arturo Serena, magnate inglese di origine italiana, dopo aver finanziato cattedre di lingua italiana a Oxford, Cambridge e Birmingham, decise di destinare un milione di lire alla creazione, in Italia, di cattedre speciali dedicate all'approfondimento della cultura anglosassone. Due le istituzioni partner, il British Council di Firenze e l'Università Bocconi. Gli interessi derivanti da una parte del capitale messo a disposizione da Serena sarebbero stati utilizzati dalla Bocconi per organizzare incontri, conferenze, cicli di lezioni e seminari sull'economia e la cultura anglosassoni. È grazie a questa iniziativa, ad esempio, che poterono tenere lectures, tra gli altri, anche personaggi del calibro di Ezra Pound. Grazie a questa collaborazione, inoltre, fino alla Seconda guerra mondiale numerosi studenti dell’Ateneo ebbero l’occasione di approfondire le proprie conoscenze nelle Università e istituzioni inglesi.

Best of both worlds

Insomma, è una storia di apertura al mondo di lunga data, quella dell’Università, una storia ricca di feconde contaminazioni e che vede oggi l’ateneo guardare, come platea, al mondo intero. “La Bocconi è passata da Milano, all’Italia, all’Europa, al mondo. Ha tenuto ferma la sua identità, ma oggi vuole giocare sempre di più il ruolo del player globale”, sottolinea Francesco Billari. “Per molti, dall’estero, Milano è vista come la città più europea e globale tra quelle italiane e nell’immaginario rappresenta un po’ il meglio dei due mondi. Lo stesso si può dire dello spirito che guida l’internazionalizzazione dell’Università: l’aspirazione a rappresentare il meglio dei due mondi, quello italiano e quello globale”.

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