New York 1985, quando lo scambio era un’avventura
Prendere un aereo e volare dall’altra parte del mondo, anche per motivi di studio, è oggi piuttosto semplice. Anzi, tra le opportunità che le università offrono, e che studentesse e studenti maggiormente ricercano nella delicata fase che precede la scelta universitaria, vi è anche la rete di contatti e collaborazioni con altri atenei internazionali dove poter svolgere un periodo del proprio percorso. A metà degli anni 80 ‘, però, non era così. Trascorrere alcuni mesi in un’altra università, soprattutto al di là dell’oceano, era cosa rarissima, destinata a pochi, anche in università all’avanguardia come la Bocconi. “Ricordo che era il 1985 e fummo in cinque a essere selezionati per andare alla New York University”, dice Ferdinando Pennarola, professore associato presso il Dipartimento di management e tecnologia della Bocconi, “e, oltre a me, anche Paola Dubini e Annamaria Lusardi, che poi hanno intrapreso la carriera accademica”. Piccoli numeri per una grande avventura perché allora, come ricorda Pennarola, “già prendere l’aereo era una cosa desueta rispetto a oggi”. La New York University, prima che Leonard Stern grazie alla sua generosa donazione aggiungesse il proprio nome alla scuola e costruisse un nuovo edificio nel campus principale, teneva le lezioni alle quali partecipavano Pennarola e i compagni d’avventura “in due edifici a 30 metri dalle Torri Gemelle, mentre le nostre residenze si trovavano nell’International House dalla parte opposta della città.”. Fu proprio a New York che iniziò a delinearsi il futuro professionale di Pennarola. “Durante il corso di management information system con il professor Laudon, ebbi i primi approcci con Lotus, che era allora altamente innovativo visto che il boom scoppiò nell’88-89, e che poi mi sono ritrovato a insegnare in Bocconi”. Questo permise a Pennarola e colleghi di acquisire una skill allora importante, “in pratica era come avere una marcia in più”. E che aiutò molto nella ricerca di uno stage. Ma il periodo fu proficuo anche per altri aspetti, come per esempio la possibilità “di frequentare biblioteche fornitissime, che avevano testi che impiegavano un sacco di tempo prima di approdare in Europa. Era molto diverso rispetto a adesso, dove tutto accade in tempo reale”. Un periodo ricco di cose belle, ma anche di qualche aneddoto che adesso fa sorridere, ma allora… “Alcune lezioni erano di sera e quindi rientravamo alla International House molto tardi, dopo aver attraversato Harlem. Che non era la Harlem cool di adesso, ma una zona molto pericolosa. All’ingresso dell’International House”, ricorda Pennarola, “la guardia di turno aveva una tabella sulla quale segnava i nomi di coloro che erano stati rapinati e che il giorno dopo avrebbe aiutato a fare la denuncia dalla polizia. E noi ci guardavamo bene dal riferirlo ai nostri genitori”.