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Nella gara della regolamentazione, Europa batte Usa un codice a zero

, di Oreste Pollicino - ordinario presso di Dipartimento di studi giuridici
Il documento di condotta presentato l'anno scorso innalza il livello di sicurezza delle piattaforme e rafforza la posizione degli utenti. Il dubbio e' che, nella patria della selfregulation, gli Usa, una proposta del genere sia ancora lontana dall'attecchire

Il 16 giugno del 2022 a Bruxelles, ho consegnato alla Vicepresidente della Commissione europea Vera Jourova il nuovo Codice di condotta europeo contro la disinformazione, sottoscritto da moltissimi firmatari operanti in settori assai diversi da loro. Dalla società civile, alle grandi piattaforme, dai factchekers alle imprese operanti nel settore pubblicitario. Il mio ruolo è stato quello di honest broker, di facilitatore e coordinatore del processo di scrittura
Si tratta in ogni caso del primo meccanismo, a livello globale, di co-regolamentazione del fenomeno della disinformazione sulla base di un codice di condotta che impegna tutte le principali parti in causa.
A distanza di più di anno, e alla luce delle elezioni dell'anno prossimo in Europa (Parlamento europeo) e negli Stati Uniti, due sono le domande fondamentali che devono trovare risposta.
Il Codice servirà ad attenuare il fenomeno della disinformazione on line in Europa, specialmente nella delicatissima stagione elettorale? In secondo luogo, può essere utilizzato come modello per una lotta alla disinformazione anche sull'altra sponda dell'Atlantico?
Quanto alla prima domanda ci sono delle speranze, guardando al cambio di paradigma che il Codice fa rispetto allo status quo. Si passa, come si accennava, da uno contesto di mera self-regulation, in cui i giganti del web scrivono ed applicano le norme rilevanti, ad uno molto diverso di co-regolamentazione pubblico-privato. Il che, concretamente, vuol dire che in caso di inadempimento da parte dei firmatari degli impegni assunti, ci saranno delle sanzioni da parte delle istituzioni europee. Quale il valore aggiunto di tale processo in termini di obiettivi raggiunti riguardo al contenuto del codice? Almeno tre.

Primo, innalzare il livello di sicurezza - innanzitutto da parte degli spazi, sempre più digital agorà, ospitati dai giganti del web – contro tecniche, procedure e strategie di disinformazione. Secondo, rafforzare la posizione degli utenti, attraverso nuovi strumenti che siano in grado sia identificare con più facilità informazioni false, sia di mitigare il rischio di un inquinamento del dibattito. Terzo, garantire un dialogo costante tra piattaforme e factcheckers indipendenti che hanno diritto ad una remunerazione equa.

Quanto alla seconda domanda, vale a dire se e come questo laboratorio europeo può essere utile per iniettare nei processi di self-regulation imperanti negli Stati uniti (quando si parla di disciplina contro la disinformazione, ma anche di Intelligenza artificiale) delle dosi di regolamentazione eteronoma rispetto alla volontà degli operatori del settore, la risposta deve essere meno ottimista.
Negli Stati Uniti vi è una situazione abbastanza paradossale quanto al (non) contrasto contro la disinformazione online.
Da una parte, si avverte un certo terrore – direi fondato, visto quanto è stato provato nelle elezioni politiche Trump vs Clinton – quanto ai professionisti della disinformazione che hanno inquinato il dibattito e provato ad incidere sull'esito delle votazioni. Il timore è per le possibilità di interferenze esterne per le elezioni del 2024 (in merito, vi è già una proposta di legge in cantiere al Congresso).
Dall'altra parte, vi è un altro terrore che aleggia e costituisce quasi un tabù per ogni tentativo di regolazione. Quello di poter minare in qualsiasi modo le fondamenta di sua maestà free speech, che fa sì che anche una semplice comunicazione da parte della Casa Bianca alle grandi piattaforme sull'impegnarsi ad evitare che in rete vi siano contenuti falsi rispetto a temi sensibili come quello elettorale e della salute pubblica venga considerata (come è successo di recente) dalla Fifth Circuit Court of Appeals, in contrasto con il Primo Emendamento.
In conclusione, mi sembra un terreno assai acerbo per poter impiantare il modello europeo di co-regolamentazione alla base del nuovo EU Code of Practice against Disinformation.