I valori sono una riconquista di ogni generazione
Per lungo tempo i valori su cui si fonda l'Unione europea sono stati dati per acquisiti e considerati poco più che ovvietà da richiamarsi, con un po' di enfasi retorica, in qualche discorso di circostanza. Parole come solidarietà, non discriminazione, democrazia, stato di diritto sono state ripetute nei discorsi ufficiali come un doveroso tributo alla memoria delle origini, più o meno convintamente, più o meno stancamente.
Negli ultimi anni, la storia ci ha posti davanti al fatto che i grandi ideali su cui è stato costruito l'edificio europeo sono esposti alle intemperie e al rischio di erosione. Anche nel vecchio continente, patria della civiltà politica e giuridica, le democrazie possono degenerare in autocrazie; l'indipendenza dei giudici e la garanzia dei diritti - capisaldi dello stato di diritto - possono essere minacciati da regimi politici insofferenti alle limitazioni del potere; i presidi della libertà di pensiero possono essere sovrastati dalle nuove forme di propaganda, che si avvalgono della potenza della comunicazione digitale; la pace può lasciare il campo alla guerra; la solidarietà può vacillare sotto la pressione delle migrazioni.
È di fronte a questi scenari che va maturando una nuova consapevolezza dell'importanza dei valori europei. Si è dovuto constatare che quando quei valori si perdono di vista, la vita sociale ne risente molto concretamente, la fiducia reciproca fra gli Stati può venir meno e la vitalità della stessa Unione perde vigore.
I valori fondativi proclamati nei Trattati, che tante volte superficialmente abbiamo liquidato come astratte formule retoriche, mostrano tutta la loro rilevanza nella vita concreta delle persone nel momento in cui entrano in crisi.
Per questo le involuzioni che riguardano lo stato di salute delle democrazie suscitano grandi preoccupazioni e impegnano tutte le istituzioni europee nella ricerca di nuovi strumenti capaci di prevenirne e contrastarne il declino. Le Corti europee sono intervenute ripetutamente a condannare sul piano giuridico gli Stati – soprattutto Polonia e Ungheria - che non rispettano i valori enunciati nei trattati, a partire dal principio dell'indipendenza dei giudici. Il monitoraggio e relazioni annuali sul rispetto dello stato di diritto sono diventati una priorità della Commissione, come ha osservato la presidente Ursula von der Leyen nel discorso sullo Stato dell'Unione del 13 settembre scorso. Dal 2021, un nuovo regolamento europeo ha introdotto un regime generale di condizionalità che sottopone l'erogazione dei fondi europei al rispetto dei principi dello stato di diritto e degli altri valori fondamentali da parte dei singoli Stati. Per altro verso, sulla scia dei criteri di Copenaghen del 1993, elaborati in vista del grande allargamento del 2004, la candidatura dei nuovi Stati membri, tra cui l'Ucraina, è assoggettata al completamento di riforme istituzionali atte ad assicurare l'effettiva osservanza dei principi democratici, dell'indipendenza dei giudici e degli altri valori dell'Unione.
Questi sviluppi suggeriscono un duplice ordine di considerazioni.
Il primo è che la storia, inclusa la storia europea, non è mai un progresso lineare verso il conseguimento dei grandi ideali in nome dei quali si è avviato il cammino dell'unificazione dei popoli europei. In ambito politico e sociale, il progresso non procede mai per accumulazione progressiva sulla base delle acquisizioni precedenti. Ogni generazione è di fronte a un nuovo inizio. Certamente le nuove generazioni possono costruire sulle esperienze di coloro che le hanno precedute e possono attingere al tesoro dell'intera umanità. Ma possono anche rifiutarlo o ignorarlo. La costruzione delle strutture portanti della convivenza civile non è mai un compito concluso una volta per tutte, ma è una riconquista di ogni generazione.
Il secondo riguarda il ruolo degli strumenti giuridici e istituzionali posti a tutela dei valori fondamentali. Per garantirne la durata nel tempo non è bastato scolpire a chiare lettere nei testi dei trattati che l'Unione europea si fonda sulla dignità umana, la libertà, la democrazia, l'uguaglianza, lo stato di diritto e il rispetto dei diritti umani (art. 2 del Trattato sull'Unione europea). L'aver consegnato ai Trattati quei valori è un fatto importante, così come lo è l'azione delle Corti e delle altre istituzioni che operano sulla base di sempre più adeguate normative europee. Ma tutto questo non basta.
Quando il problema non deriva da singole e specifiche violazioni, ma dalla diffusa degradazione del clima culturale e politico, anche il diritto si trova con le armi spuntate.
Non a caso, l'art. 2 del Trattato, dopo aver enunciato i valori fondamentali prosegue affermando che essi possono realizzarsi solo all'interno di una società che vive all'insegna del pluralismo, della non discriminazione, della tolleranza, della giustizia, della solidarietà.
I valori fondativi sono nati dalla vita vissuta, dalla storia dei popoli europei. Per continuare a esprimere tutto il loro potenziale essi debbono continuare a vivere nella vita dei popoli europei. Il vero protagonista dei valori europei è la società: anche le strutture giuridiche traggono la loro linfa vitale da radici che affondano nella profondità di un tessuto culturale condiviso.
Il rinnovamento del tessuto culturale, all'insegna dei valori fondamentali delle origini, è dunque una priorità per l'Europa di domani. A quest'opera siamo tutti chiamati, a partire da chi quotidianamente entra in contatto con le più giovani generazioni, nelle scuole e nelle Università.