Sui diritti l'Europa ha un problema di coerenza
Il Trattato di Maastricht è un momento di svolta per il progetto di integrazione europea: segna l'evoluzione dall'integrazione del mercato a un'impresa molto più ampia (e non completamente definita né allora né oggi). Nuove aree, in particolare la cooperazione giudiziaria e di polizia e la politica estera e di sicurezza comune, sono state attratte nell'ambito dell'azione europea, aree che, come la politica monetaria, erano state tradizionalmente considerate come il cuore della sovranità statale.
È il Trattato di Maastricht a stabilire la cittadinanza dell'Unione europea, una cittadinanza sovranazionale i cui contorni sono ancora difficili da comprendere, visto l'uso di un concetto profondamente radicato nello Stato nazionale (almeno dopo il XIX secolo) per descrivere uno speciale status "transnazionale". Ma Maastricht ha anche riconosciuto, per la prima volta, l'esistenza di quelli che in seguito saranno definiti i valori fondanti dell'UE: la natura democratica dei suoi Stati membri, riferimento introdotto in vista dell'allargamento, e il suo impegno nei confronti dei diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri e dai principi generali del diritto europeo. L'impegno dell'UE per la tutela dei diritti fondamentali diventa anche parte di una narrazione autocelebrativa: l'UE non solo va oltre le sue origini economiche, avventurandosi in nuovi settori e affermando persino un potenziale ruolo di potenza geopolitica, ma diventa anche un'Unione fondata su valori etici più elevati - democrazia, diritti fondamentali a cui, in una fase successiva, si aggiungerà un elenco più lungo di valori - alcuni fondamentali, come lo Stato di diritto, altri aspirazionali come il pluralismo e la tolleranza.
Tuttavia, man mano che l'UE cresce in una comunità più complessa e anche più "politica", il suo impegno nei confronti dei diritti fondamentali e persino dello Stato di diritto non è sempre del tutto coerente: da un lato vediamo l'UE lottare per far rispettare questi principi al suo interno e dall'altro la vediamo vacillare nei suoi impegni all'esterno. A livello interno, come è noto, una combinazione di vincoli politici e giuridici ha prodotto l'assoluta incapacità di affrontare efficacemente le crisi dello Stato di diritto in Polonia e Ungheria. Ma oltre alle difficoltà oggettive nel far rispettare i valori all'interno dell'UE, difficoltà che come detto derivano anche da un meccanismo mal concepito del Trattato che richiede l'unanimità per imporre sanzioni, vediamo sempre più spesso le istituzioni politiche dell'UE sacrificare la protezione dei diritti fondamentali per raggiungere altri obiettivi. Ciò è vero innanzitutto nel campo della "gestione" dei flussi migratori - per dire che i risultati dell'UE in materia di tutela dei diritti fondamentali sono a dir poco lacunosi. È sufficiente ricordare il coinvolgimento di Frontex (l'Agenzia dell'UE per la gestione delle frontiere) nell'insabbiamento e nella partecipazione ai respingimenti, cioè quando i richiedenti asilo vengono allontanati dalle acque territoriali dell'UE, spesso in modi pericolosi e verso giurisdizioni non sicure, una pratica non compatibile con la Carta dei diritti fondamentali dell'UE e con il diritto internazionale.
Oppure gli accordi, diretti o indiretti (cioè attraverso gli Stati membri), stipulati con Paesi terzi per "securizzare" le frontiere dell'UE: dal rimpatrio di richiedenti asilo la cui domanda è fallita, spesso in campi in cui le condizioni di detenzione sono tutt'altro che sicure, alla "formazione" di guardie di frontiera di Paesi terzi per garantire che i richiedenti asilo non riescano a raggiungere le acque territoriali dell'UE, anche quando questi Paesi non sono considerati sicuri (Libia). Inoltre, sempre nel campo della migrazione, vediamo costantemente l'UE usare la sua forza economica per raggiungere obiettivi non economici, sempre nel campo della migrazione - lo abbiamo visto con il Marocco e lo stiamo vedendo ora con la Tunisia. Inoltre, l'architettura post-Maastricht, anche dopo i cambiamenti apportati dal Trattato di Lisbona, mette quasi completamente al riparo la Politica estera e di sicurezza comune dal controllo giudiziario, minacciando il nostro impegno per la tutela dei diritti fondamentali, dato che un diritto che non può essere applicato non è, per definizione, effettivo. Naturalmente, questo non significa che tutto sia negativo: dopo tutto, la risposta dell'UE ai rifugiati provenienti dall'Ucraina è stata eccezionale, dimostrando che gli afflussi migratori non pianificati possono essere assorbiti con successo quando c'è la volontà politica di farlo. E in alcuni campi, come la protezione dei dati, l'UE è diventata lo standard di riferimento. Si tratta piuttosto di dire che se l'ambizione dell'UE è quella di essere un'Unione fondata su valori comuni, deve fare meglio e garantire che tali valori siano rispettati dalle sue stesse istituzioni.