Diritti umani, un preoccupante passo indietro
A quaranta giorni dalla morte di Masha Amini, la giovane donna uccisa lo scorso 16 settembre in custodia dopo essere stata arrestata per non aver indossato correttamente il velo, le proteste in Iran non si placano. La brutalità del regime iraniano nei confronti dei propri cittadini, e in particolare delle donne, non può lasciare indifferenti. Le università e le scuole superiori sono il centro delle rivendicazioni dei giovani iraniani che al grido di "donne, vita, libertà" contestano un regime che della discriminazione e della violazione dei più fondamentali diritti dell'individuo ha fatto la propria bandiera. La violenta repressione delle proteste che ha portato alla morte di almeno 216 persone e al ferimento di migliaia di manifestanti non può essere circoscritta ad esercizio delle prerogative dello Stato all'interno del proprio territorio.
Negli ultimi anni assistiamo ad una recrudescenza delle violazioni dei diritti umani su larga scala perpetrate da Stati. I crimini di guerra che la Russia ha commesso e sta commettendo in Ucraina, i crimini di guerra in Siria, le deportazioni e violenze sulle minoranze in Myanmar e Cina solo per ricordarne alcuni. Le violazioni dei diritti umani costituiscono violazioni del diritto internazionale.
Come risulta dall'ultimo Report dallo Special Rapporteur delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Iran (https://www.ohchr.org/en/documents/country-reports/a77181-situation-human-rights-islamic-republic-iran-report-special), l'Iran sta violando numerose disposizioni dei trattati internazionali di cui è parte, il Patto internazionale sui diritti civili e politici e la Convenzione sui diritti dell'infanzia. Per comprendere la gravità delle violazioni degli impegni internazionali assunti, basti considerare che almeno 32 minori risultano essere stati uccisi nelle proteste, tra cui la sedicenne Sarina Esmailzadeh, uccisa a colpi di manganello dalle forze di sicurezza iraniane.
L'attuale repressione da parte del governo iraniano dei manifestanti pacifici è in palese spregio al diritto alla vita (come contenuto nell'articolo 6 del Patto e nell'articolo 6 della Convenzione), al divieto di arresto o detenzione arbitraria (articoli 9 e 10 del Patto e articolo 37 della Convenzione), al diritto a un equo processo (articolo 14 del Patto, articolo 40 della Convenzione), al diritto a riunirsi pacificamente (articolo 21 del Patto, articolo 15 della Convenzione) nonché al divieto di tortura e di punizioni o trattamenti inumani, crudeli o degradanti (Articolo 7 del Patto, Articolo 37 della Convenzione). Peraltro, il divieto della tortura e il divieto di privazione arbitraria della vita sono ormai considerate norme imperative del diritto internazionale (ius cogens), ciò che aggrava la posizione internazionale dell'Iran il cui comportamento mina i valori fondamentali della comunità internazionale nel suo insieme.
Gli Stati Uniti, il Regno Unito e l'Unione europea hanno imposto sanzioni contro i membri del Consiglio dei guardiani, noto come polizia morale. In particolare, l'UE ha adottato un regime globale di sanzioni in risposta a gravi violazioni dei diritti umani. Le sanzioni adottate fino ad oggi sono di natura individuale e vanno dal congelamento dei beni al divieto di viaggi. Inoltre, gli Stati Uniti hanno annunciato di ampliare la gamma di servizi Internet disponibili per gli iraniani per contrastare gli interventi delle autorità di riduzione ed interruzioni del collegamento internet ai propri cittadini.
Le donne sono al centro delle proteste iraniane, protagoniste in quanto vittime della violenza delle forze dell'ordine e di un regime giuridico improntato alla discriminazione in base al sesso. Ma anche nei regimi giuridici che riconoscono un formale divieto di discriminazione su base sessuale, si assiste ad un arretramento nel garantire una sostanziale eguaglianza giuridica. Il diritto all'integrità fisica e alla salute delle donne viene messo in discussione da leggi che vietano o limitano l'accesso all'aborto anche nei paesi occidentali. Alle donne vittime di violenza, specialmente quando commesse in famiglia, non viene garantita dallo Stato un'adeguata protezione. Il principio di non discriminazione degli esseri umani in base al sesso è un valore universale che deve trovare effettiva realizzazione ovunque perché in mondo globale ciò che accade a Kiev o a Teheran finisce per avere effetti anche fuori dai confini nazionali.