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Ospitare le Olimpiadi comporta molti disagi per gli abitanti di una città, ma i lavori realizzati poi resteranno. Come ha dimostrato l’esempio di Londra, sottolinea l’alumna Sarah Bartesaghi Truong, chapter leader della Bocconi Alumni Communitynella capitale francese

Preoccupazione, fastidio, scetticismo. E anche un po’ di curiosità, nonché la consapevolezza che vedere i Giochi dal vivo nella propria città sia un’occasione che capita una sola volta nella vita. Con questi sentimenti contrastanti Parigi (e con lei la Francia intera, visto che alcune discipline, soprattutto nelle fasi iniziali, si svolgeranno anche in altre città) si appresta ad accogliere i Giochi Olimpici che prenderanno il via il 26 luglio per concludersi l’11 agosto. “I francesi sono per natura portati a vedere il bicchiere mezzo vuoto”, racconta Sarah Bartesaghi Truong, milanese ma nata in Liguria, a Levanto, e laureata in Bocconi in Economia politica, a Parigi dal 2016 dove è diventata imprenditrice nel settore del turismo di lusso (VeniVidiParis il suo marchio) e chapter leader dal giugno 2023 della Bocconi Alumni Community, “per cui al momento di questi Giochi vivono soprattutto i disagi che comportano, come una serie di limitazioni del traffico, di chiusura di alcune aree nevralgiche, come per esempio place de la Concorde”. E poi c’è la paura più grande, quella di un attacco terroristico, accresciuta, ingigantita dalla strage avvenuta a Mosca. “Per la prima volta, anziché in uno stadio, la cerimonia di apertura si svolgerà in una zona più vasta e difficilmente controllabile, cioè lungo la Senna. Il tutto in un momento in cui la popolarità del presidente Macron è molto bassa”, dice ancora Bartesaghi Truong.

Giochi, quindi, al momento più sopportati che ben accolti, con i parigini che vedono soprattutto gli aspetti negativi. “In realtà, avendo parlato con colleghi e conoscenti di città che hanno ospitato le Olimpiadi in passato, questo è un sentimento comune che prevale ovunque quando a una città viene assegnata l’organizzazione di un evento di questa portata”. Perché il fastidio di avere vicino a sé cantieri aperti per qualche tempo supera nella percezione i supposti benefici futuri che da tali lavori deriveranno. Alcuni disagi però i parigini dovranno sopportarli davvero, come l’aumento dei costi dei trasporti pubblici (“che però colpiranno soprattutto le corse singole e quindi ricadranno in gran parte sui turisti”) e quelli degli ingressi dei musei, per esempio. Ma non solo. “Gli abitanti di Parigi, anziché essere coinvolti, sono stati in un certo senso invitati a farsi da parte. Viene detto loro che nelle settimane dei Giochi è consigliabile che restino a casa a lavorare, in smart working, anziché rischiare di portare al collasso la rete di trasporto pubblico. Un messaggio totalmente negativo, secondo me”, prosegue Bartesaghi Truong, “perché i parigini pagano questi Giochi con i propri soldi e poi vengono invitati ad autoescludersi”. Parigi è una città che vive di turismo tutto l’anno grazie alle sue attrazioni, soprattutto culturali. Questi Giochi porteranno molta gente in più? “Il sistema di vendita dei biglietti favorisce soprattutto i francesi, il presidente del Comitato organizzatore parla di due terzi di francesi, che in pratica verrebbero in gita a Parigi per assistere a una giornata di gare. Io però non sono convinta”, dice ancora Bartesaghi Truong, “secondo me gli stranieri verranno e saranno sempre di più con l’avvicinarsi degli ultimi giorni di competizioni”.

Parigi, abbiamo detto, vive perlopiù con preoccupazione l’avvicinarsi della data d’inizio. Ma ci sono anche gli aspetti positivi. “Certamente. Per prima cosa saranno Giochi inclusivi, ai quali molti potranno dare un contributo. Conosco parecchie persone, parlo di professionisti, che saranno coinvolti come volontari. Poi ci saranno molti eventi paralleli, come una maratona aperta a tutti lungo le vie della città. Ma anche il villaggio olimpico, costruito in una zona di periferia di Parigi che ha il pil più basso di tutta la Francia e che ovviamente costituirà in futuro una risorsa per gli abitanti del quartiere. L’esempio a cui guardare secondo me è Londra, dove una gran parte della città è stata rivitalizzata grazie ai Giochi”. Niente cattedrali nel deserto, quindi. “Alla fine credo che, anche per orgoglio e consapevoli che tutto il mondo li guarda, i francesi faranno tutto per il meglio. E Parigi approfitterà dell’occasione per dare un’accelerata a una trasformazione urbana incominciata 20 anni fa e che ha visto l’aumento vertiginoso, per esempio, delle piste ciclabili”, continua Bartesaghi Truong, “al punto che, oggi, spesso al posto degli ingorghi di auto abbiamo quelli di biciclette”. 

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