
Date soldi alle famiglie se volete combattere la povertà infantile
“Non regalare un pesce, ma insegna a pescare”. Vero, ma non sempre. Se si tratta di contrasto alla povertà infantile, per esempio, a volte donare denaro da usare in maniera flessibile per chi ne necessita di più, può fare la differenza. Ne è convinta, dati alla mano, Silvia Paruzzolo, alumna Bocconi e oggi managing director Evidence for impact di Save the Children US. Da Washington, dove vive e lavora, Silvia spiega cosa emerge dall’attività quotidiana dell’organizzazione fondata dall’attivista britannica Eglantyne Jebb (le opinioni espresse nel testo sono personali).
Save the Children lavora in 120 paesi, quindi in contesti molto diversi. Quali sono le sfide più grandi nella lotta alla povertà infantile?
Paradossalmente, anche se paesi e realtà sono molto diversi tra loro, le sfide sono simili: si tratta di lavorare con le famiglie più povere e marginalizzate. In fondo, la povertà colpisce tutti allo stesso modo, impedendo l’accesso ai servizi, a una salute di qualità e provocando situazioni di stress estremo per i genitori e i loro bambini. Ovunque, per sopravvivere, le famiglie devono fare delle scelte che non permettono sempre di investire in maniera efficace nel loro futuro o in quello dei bambini.
Come si agisce in queste condizioni?
Non c’è una soluzione univoca, tuttavia, stiamo spingendo sempre di più per i trasferimenti di denaro alle famiglie (cash transfer program). Ci siamo infatti resi conto, dati alla mano, che chi è in condizione di povertà conosce meglio ciò di cui ha realmente bisogno nel proprio contesto e non spreca risorse.
Un po’ un ribaltamento del vecchio adagio del pesce e della canna da pesca, in un certo senso. Ma donare soldi non rischia di favorire il disimpegno di chi li riceve?
Gli scettici non mancano, ovviamente. Anzi, c’è molta resistenza verso questo concetto. Ma la mia risposta è sempre la stessa: guardate i dati. Certo, ci sarà sempre chi ne approfitterà, però ci sono evidenze scientifiche solide sul fatto che la maggior parte delle persone che ricevono i trasferimenti sono intenzionate a migliorare la propria condizione e sanno di cosa hanno bisogno per essere in grado di migliorarla piu’ di chiunque altro. Oltretutto, si tratta di cifre modiche. I trasferimenti di denaro, poi, si inseriscono in alcuni approcci comuni di contrasto alla povertà infantile che – abbiamo visto – funzionano.
Quali?
Uno, ‘Resourcing Families for Better Nutrition’ si focalizza sulla malnutrizione (che non colpisce solo i paesi poveri, ma è presente anche negli paesi piu’ ricchi come gli USA). Combina i trasferimenti di denaro - o la facilitazione di accesso alle risorse governative - con attività che aiutino a migliorare le abitudini alimentari, sia quelle delle donne in gravidanza, sia quelle dei bambini nei loro primi mille giorni di vita. Secondo uno studio che abbiamo condotto in Somalia, questo approccio misto di trasferimenti di denaro e social behaviour change non solo è più efficace del semplice trasferimento di denaro, ma lo è anche di un trasferimento di denaro maggiore.
Il secondo approccio, invece, si chiama ‘Life Skills for Success’ ed è focalizzato sugli adolescenti. L’idea è che, se vuoi rompere il circolo vizioso della povertà, è utile promuovere tra le ragazze e i ragazzi lo sviluppo di alcune soft skills fondamentali: autostima, decision making, problem solving e autocontrollo. Insegnare loro, nella pratica, a prendere decisioni migliori per il loro futuro specialmente in un contesto dove le opportunita’ di studio e lavoro sono limitate e ogni scelta puo’ avere un impatto negativo o positivo, ma di lungo termine.
Ha citato anche gli Stati Uniti parlando di povertà infantile. Quali sono le sfide in quella che è considerata tra le nazioni più ricche del mondo?
In realtà la child poverty colpisce anche gli Stati Uniti e anche qui le soluzioni riguardano l’accesso alle risorse economiche. In questo, il Child Tax Credit introdotto durante il Covid, ossia la possibilità per le famiglie con figli di avere accesso a risorse più consistenti, ha avuto un impatto positivo. Inoltre, noi come Save the Children lavoriamo molto sul tema dell’istruzione nella fascia della scuola primaria, in particolare negli Stati più poveri, come West Virginia, Mississippi e alcuni altri Stati del Sud. Anche qui, come altrove nel mondo, il principio è lo stesso: lavorare con le famiglie.