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Tutti i limiti della legislazione europea sugli investimenti sostenibili

, di Fabio Todesco
Secondo uno studio di Balp e Strampelli, gli investitori istituzionali potrebbero non avere le risorse e gli incentivi necessari per portare a termine i compiti di stewardship che l'Unione Europea assegna loro, mentre gli indici e i rating ESG mancano di trasparenza e coerenza

Promuovere gli investimenti in materia di ambiente, sostenibilità e governance (ESG, dall'inglese environment, sustainability, governance) è fondamentale per raggiungere gli obiettivi dell'European Green Deal, la strategia dell'Unione Europea per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. A tal fine, un articolato insieme di norme promuove il ruolo degli investitori istituzionali nel guidare il cambiamento verso la finanza sostenibile in Europa, con la malcelata speranza di stimolare un "effetto Bruxelles": poiché alcuni degli obblighi riguardano anche gli operatori di Paesi terzi che vendono prodotti finanziari nell'UE, i requisiti europei potrebbero diventare lo standard internazionale.

In questo quadro, gli investitori istituzionali sono tenuti a promuovere gli obiettivi ESG esercitando la loro influenza sulle società partecipate (la cosiddetta funzione di stewardship). Tuttavia, uno studio di due professori del Dipartimento di Studi Giuridici della Bocconi, Gaia Balp e Giovanni Strampelli, sostiene che esistono dei limiti al raggio d'azione degli investitori di fronte alla portata delle sfide da affrontare. "Alcuni di questi limiti sono dovuti a fattori esterni difficili da superare," afferma Strampelli, "ma altri potrebbero essere corretti dal legislatore europeo."

Lo studio passa in rassegna la legislazione europea attuale e quella in elaborazione e ne espone le lacune.

La mancanza di risorse e i problemi di azione collettiva limitano l'azione di stewardship. "I dati dimostrano che i team di stewardship dei principali investitori istituzionali sono significativamente più piccoli rispetto alle dimensioni del compito loro affidato," sostiene Balp, "e sembrano essere largamente sotto organico rispetto al numero di società coperte dalle iniziative di stewardship." Il principale strumento di stewardship disponibile sono gli incontri con il consiglio di amministrazione o il management delle società in portafoglio per discutere le questioni ESG, e la mancanza di risorse si traduce nella possibilità di incontrare solo una minima parte (forse il 10%) di essi. Inoltre, con la crescita dei fondi indicizzati e passivi, nasce la tentazione del free riding: "Ogni fondo che segue lo stesso indice detiene gli stessi titoli nella stessa proporzione e i fondi gestiti da altri gestori otterranno dall'attività di stewardship di un investitore esattamente gli stessi rendimenti che ottiene lui," chiarisce Strampelli.

Oggi, a trainare la crescita degli investimenti ESG in Europa e altrove sono le preferenze degli investitori finali, ma le preferenze potrebbero cambiare, soprattutto perché "ci sono prove contrastanti riguardo al fatto che gli investimenti sostenibili forniscano o meno rendimenti finanziari competitivi rispetto agli investimenti non ESG," scrivono gli autori. Questo potrebbe suggerire agli investitori istituzionali di non impegnarsi davvero a fondo finché la situazione non sarà più chiara.



Ciò che è alla portata del legislatore europeo è il tema della qualità e della coerenza delle informazioni messe a disposizione degli investitori ESG. Gli indici e i rating ESG mancano di trasparenza e differiscono enormemente, con la stessa azienda che riceve punteggi o classificazioni opposte da diversi fornitori, sollevando così dubbi sulla sua reale sostenibilità. Inoltre, il settore degli indici e dei rating è oligopolistico e rischia di essere screditato da diffusi sospetti di conflitto di interessi, poiché questi fornitori possono, e talvolta lo fanno, fornire altri servizi alle stesse aziende. "La Commissione europea potrebbe intervenire a livello normativo sulla questione," conclude Strampelli.

Balp, G., Strampelli, G. "Institutional Investor ESG Engagement: The European Experience." European Business Organization Law Review 23, 869–904 (2022). https://doi.org/10.1007/s40804-022-00266-y.