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Il protezionismo statunitense e i rischi per l’area euro

, di Andrea Costa
Un’analisi di recente pubblicazione, commissionata dalla Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo (ECON), esplora i rischi macroeconomici e finanziari associati all’evoluzione del contesto commerciale

Il panorama economico globale sta cambiando rapidamente e le politiche protezionistiche degli Stati Uniti pongono sfide significative all’area euro. Un nuovo studio, Euro Area Risks Amid US Protectionismredatto da un gruppo di studiosi economici di importanti istituzioni, tra cui Carlo Favero, Francesco Giavazzi e Tommaso Monacelli, tutti affiliati all’Università Bocconi e all’IGIER, con Laura Bottazzi (Università di Bologna e membro dell’IGIER) e il dottorando della Bocconi Ruben Fernandez-Fuertes, esamina le ripercussioni delle misure protezionistiche statunitensi sull’area dell’euro, evidenziando sia gli effetti diretti, come le perturbazioni commerciali indotte dai dazi, sia le conseguenze indirette, tra cui il contagio finanziario e le variazioni delle dinamiche dei tassi di cambio. Con una forte attenzione alle risposte politiche, il rapporto offre spunti strategici sulla diversificazione degli scambi, sugli incentivi all’innovazione e su politiche monetarie prudenti per trovare una via in questo scenario incerto.

Lo studio è stato coordinato dalla Economic Governance and EMU Scrutiny Unit (EGOV), che fornisce consulenza esterna alla Commissione per i problemi economici e monetari su questioni politiche nel campo degli affari monetari ed economici.

Risultati principali

Il gruppo  di esperti sottolinea che, mentre gli effetti diretti delle tariffe possono essere mitigati dagli aggiustamenti dei tassi di cambio e dalle politiche monetarie, rischi più ampi derivano dalle ricadute sui mercati finanziari e dalle perturbazioni del commercio globale. I dazi imposti dagli Stati Uniti sui beni europei potrebbero inizialmente portare a una contrazione delle esportazioni dell’UE. Tuttavia, un deprezzamento dell’euro potrebbe contribuire a compensare alcuni di questi effetti, preservando la competitività europea. L’aumento dei premi di rischio sulle obbligazioni statunitensi a lungo termine potrebbe aumentare i costi di finanziamento dell’Europa, ponendo problemi alla sostenibilità fiscale e agli investimenti del settore privato. Poiché le misure protezionistiche statunitensi sono rivolte alla Cina, le esportazioni cinesi in eccesso potrebbero essere reindirizzate verso l’Europa, intensificando la concorrenza e colpendo industrie europee chiave.

Il rapporto, in breve, sottolinea l’importanza di evitare il protezionismo di reazione in Europa. Al contrario, esso auspica una diversificazione strategica degli scambi commerciali, investimenti nell’innovazione tecnologica e risposte fiscali e monetarie coordinate per attenuare i potenziali rallentamenti dell’economia.

Raccomandazioni politiche

Per affrontare le sfide poste dal protezionismo statunitense, lo studio delinea una serie di raccomandazioni politiche strategiche. La diversificazione degli scambi dovrebbe essere una priorità, con l’UE che cerca attivamente di espandere i partenariati economici al di là dei mercati tradizionali. Il rafforzamento dei legami commerciali con regioni come l’America Latina, l’Africa e il Sud-Est asiatico può contribuire a ridurre i rischi associati alla dipendenza commerciale.

Gli incentivi all’innovazione e agli investimenti devono essere potenziati per garantire che le industrie europee rimangano competitive. Le politiche che incoraggiano la ricerca e lo sviluppo, in particolare nei settori ad alta tecnologia e verdi, possono guidare una crescita economica sostenibile.

Sul fronte monetario, lo studio raccomanda che la Banca Centrale Europea (BCE) mantenga un approccio flessibile alla politica monetaria, consentendo aggiustamenti del tasso di cambio che possano attutire l’impatto delle restrizioni commerciali. La BCE dovrebbe evitare un stretta monetaria prematura in risposta alle pressioni inflazionistiche derivanti dall’aumento dei prezzi delle importazioni e concentrarsi invece sulla stabilizzazione della crescita e dell’occupazione nell’area dell’euro.

Anche il coordinamento fiscale a livello di UE è fondamentale. Gli Stati membri dovrebbero allineare le loro politiche fiscali per sostenere la stabilità economica, evitando tagli bruschi alla spesa che potrebbero aggravare i rallentamenti economici. Misure di stimolo mirate, compresi gli investimenti nelle infrastrutture, possono fornire benefici economici a lungo termine e contrastare le perturbazioni protezionistiche.

È fondamentale un approccio misurato e diplomatico alla politica commerciale. Anziché rispondere con tariffe di ritorsione che potrebbero esacerbare l’instabilità economica, l’UE dovrebbe lavorare all’interno degli accordi commerciali internazionali per negoziare condizioni commerciali favorevoli e risolvere le controversie. Rafforzare gli accordi commerciali multilaterali e rafforzare l’impegno dell’UE per l’apertura dei mercati potrà contribuire a posizionare l’area dell’euro come forza stabilizzatrice nell’economia globale.

Implicazioni per i decisori politici europei

Con la BCE e i responsabili politici dell’UE alle prese con una maggiore incertezza, lo studio suggerisce che è necessario un approccio cauto ma proattivo. Invece di copiare il protezionismo degli Stati Uniti, l’Europa dovrebbe rafforzare la sua posizione di leader commerciale globale, rafforzare i partenariati economici e garantire la stabilità dei mercati finanziari attraverso misure politiche mirate.

CARLO AMBROGIO FAVERO

Bocconi University
Dipartimento di Economia
Francesco Giavazzi

FRANCESCO GIAVAZZI

Bocconi University
Dipartimento di Economia
Tommaso

TOMMASO MONACELLI

Bocconi University
Dipartimento di Economia