Tre orfanotrofi e una passione
Se il viaggiatore è colui che, lungo la strada, incrocia storie altrui e le fa un po' proprie, Giovanni Battista Sanguineti, è un grande viaggiatore. Laureato alla Bocconi in economia delle aziende di credito, 40 anni, Sanguineti, negli ultimi 15 anni, ha scoperto l'India e la Mongolia, ha incrociato le loro sofferenze e le persone che cercano di alleviarle. Li ha aiutati come volontario, sul posto, e ha poi capito che il suo saper far di conto e la facilità con cui tratta con le burocrazie di ogni latitudine potevano tornare utili anche da Milano, dove lavora come gestore corporate in Unicredit Banca d'Impresa.
Oggi Sanguineti contribuisce al mantenimento di due iniziative benefiche in India e una in Mongolia, con due denominatori comuni: il suo coinvolgimento parte dagli incontri con le persone e i beneficiari sono i bambini.
Chinnappan Bilaventhiran è un dalit, un fuori casta, che ha attraversato mezza India per reinventarsi una vita a Mamallapuram, nel Tamil Nadu, all'estremità sudorientale del subcontinente. Qui dirige da sette anni l'Elkanah educational & disabled children's orphanage trust, un orfanotrofio che ospita una cinquantina di bambini senza discriminazioni di razza o di casta. Alla fine del 2004 l'edificio è stato danneggiato dallo tsunami, ma Bila è riuscito a ricostruirlo e, lo scorso anno, ha iniziato ad ampliarlo. Ora vuole acquistare un terreno, su cui costruire un piccolo albergo che dia lavoro ai ragazzi che escono dall'istituto.
Emanuela Plano è un'italiana di padre indiano che, rovistando nei ricordi di casa, ha scoperto l'esistenza di un ramo sconosciuto della sua famiglia. All'inizio del secolo scorso una sua antenata indiana visse una storia d'amore con un inglese, da cui ebbe un figlio e la famiglia la ripudiò e la dimenticò. Armata solo della foto della casa in cui, nell'anno 1900, viveva la sua antenata, Emanuela, in due anni di viaggi in India, è incredibilmente riuscita a trovare i suoi parenti, e ha deciso di fare qualcosa per le numerose bambine di strada di Kolkata (la ex Calcutta), fondando una onlus, Pyari, che porta il nome della sua antenata.
Giancarlo Ventura è fondatore e anima dell'associazione culturale Soyombo. Questa, oltre a promuovere la diffusione in Italia della cultura mongola, sostiene il l Verbist care center di Ulaanbaatar, la capitale della Mongolia. Il centro dà rifugio a 120 bambini sfuggiti a una vita di strada che, in una città che in inverno registra 35-40 gradi sottozero, significa vivere in antri sovraffollati all'interno delle condutture che contengono i tubi del teleriscaldamento, a temperature vicine ai 50 gradi.
Sanguineti è stato per la prima volta in India nel 1993, per pura curiosità. "Non mi hanno mai attirato santoni e yoga", spiega subito, "ma la cultura dell'accettazione e della convivenza di questo paese riesce a stupirmi e ad affascinarmi in continuazione". Tanto che ci è tornato almeno una dozzina di volte, finendo per imparare anche l'hindi, la più diffusa delle 18 lingue ufficiali dell'India.
Il fascino esercitato dall'India non può far chiudere gli occhi sull'estrema povertà, sui mali che affliggono questo grande paese, soprattutto se, come Sanguineti, si ha un passato di impegno, seppure non sistematico, nel volontariato.
A Kolkata, nel 2000, Sanguineti si è così offerto di aiutare per 15 giorni le suore di Madre Teresa, lavorando coi malati e i moribondi. "Un'esperienza che mi ha coinvolto, ma anche sconvolto. La settimana successiva il mio cervello si rifiutava di pensare a quello che avevo visto". Ma il suo impegno è proseguito, prima sul campo, poi dall'Italia.
L'incontro con Bila, il direttore dell'Elkanah orphanage, è avvenuto sulla spiaggia di Mamallapuram, dopo due ore di quella che avrebbe dovuto essere una settimana di relax, e che si è trasformata nell'inizio dell'impegno di Sanguineti per l'orfanotrofio. A Soyombo si è rivolto per pianificare il suo primo viaggio in Mongolia e ora è nel comitato direttivo.
"Sono partito per la Mongolia da solo, non essendo riuscito a convincere i miei compagni di viaggio abituali", ricorda, "e ho trovato un paese bellissimo, totalmente diverso dall'India. Un popolo duro per necessità, perché nomade in un ambiente difficile; ma anch'esso con un incredibile senso dell'ospitalità e una capacità di accettare il confronto con le altre culture che noi, probabilmente, abbiamo perso per strada".
Tra gli amici è ormai nota la sua capacità di districarsi tra leggi e regolamenti per creare una onlus e cercare i fondi per finanziarla. Così, lo scorso anno, la sua ex insegnante di hindi lo ha messo in contatto con un'altra sua allieva.Era Emanuela Plano e, nel giro di pochi mesi, sarebbe nata Pyari, un'organizzazione attiva sia in Italia, per la raccolta fondi e l'organizzazione, sia in India, per la gestione delle attività.