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Stefano Della Vigna, uno studioso oltre la razionalita'

, di Claudio Todesco
Laureato al Des, focalizzato da sempre sull'economia comportamentale, Della Vigna e' oggi docente di economia a Berkeley

Perché facciamo donazioni alle organizzazioni benefiche? Siamo altruisti o influenzati dalla pressione sociale? Per rispondere alla domanda Stefano Della Vigna, docente di Economia alla University of California di Berkeley, ha condotto un esperimento con John List e Ulrike Malmendier pubblicato con il titolo "Testing for Altruism and Social Pressure in Charitable Giving".
I tre hanno lanciato due raccolte fondi porta a porta per due non-profit di qualità nei sobborghi di Chicago, una annunciata il giorno prima da un volantino, l'altra senza preavviso. "Risultato: notificare preventivamente la visita causa una diminuzione sia del numero di persone che si fanno trovare in casa, sia dell'ammontare delle donazioni. A calare, in particolare, sono le donazioni più basse, sotto i 5 dollari, elargite per liberarsi della persona che si presenta alla porta". L'economia comportamentale è sempre stato il filone di studi prediletto da Della Vigna, fin dai tempi della laurea in Bocconi.

Al corso di Epistemologia del DES conosce e approfondisce l'opera dei premi Nobel per l'economia Herbert Simon e Daniel Kahneman, e del collaboratore di quest'ultimo Amos Tversky, ovvero alcuni tra i fondatori dell'economia comportamentale secondo la quale i classici modelli economici sono semplicistici e si basano sull'assunto sbagliato secondo cui il consumatore compie scelte seguendo motivazioni puramente razionali. "Un tempo non erano rare le critiche anche dure agli approcci comportamentali. Negli ultimi cinque, dieci anni la ricerca nel campo della Behavioral Economics è invece diventata mainstream e contribuisce a comprendere perché la gente usa strumenti finanziari che non capisce o perché in certi Paesi non si risparmia a sufficienza. Incorporare nei nostri studi gli errori e le miserie umane ci aiuta a diventare ricercatori migliori".