Servire lo Stato, a 16 mila chilometri dall'Italia
Un sogno nel cassetto, con i piedi però ben ancorati a terra. La scelta della Bocconi, con la carriera diplomatica nel mirino, rappresentava una sorta di ancora di sicurezza. Se va male con il piano A, la diplomazia, andrà meglio con quello B, cioè il ventaglio di opportunità professionali che una laurea in una università di respiro internazionale offre. È questo, unito all'opportunità di imparare le lingue, che ha spinto Luna Angelini Marinucci a iscriversi in Bocconi e a laurearsi in Economics and Social Sciences, prima di dedicarsi al piano A che l'ha portata, nel 2022, a essere nominata Console d'Italia a Brisbane, con competenza territoriale sullo Stato del Queensland e sul Territorio del Nord.
Il lavoro del diplomatico moderno è sempre più orientato a offrire servizi. Quali sono le sue mansioni e che cosa apprezza maggiormente?
La versatilità che mi viene richiesta e la varietà degli ambiti in cui devo cimentarmi per rendere il mio lavoro efficace e completo: come Capo di Consolato devo coordinare l'erogazione dei servizi consolari dell'Ufficio; curare i rapporti con la collettività italiana residente e con le istituzioni, associazioni e aziende italiane in loco; gestire amministrativamente il Consolato e preoccuparmi della proiezione esterna, anche grazie al ricorso ai social media.
Cosa rappresenta oggi la diplomazia e come si sta evolvendo nel contesto geopolitico e globale?
In un mondo in cambiamento, dove si susseguono eventi anche inaspettati e dove sempre più spesso ci troviamo a fare i conti con l'incertezza, sia a livello globale ma anche a livello dei privati, dei singoli nuclei familiari, il Consolato deve essere un'ancora, deve essere capace di generare fiducia nei cittadini italiani all'estero. A Brisbane ad esempio il senso di identità italiana e di appartenenza alla comunità italiana è altamente sviluppato e i connazionali apprezzano e si giovano della presenza rassicurante delle istituzioni.
La sua carriera è ancora agli inizi ma è già stata nominata Console. Consiglierebbe a un giovane di intraprendere la sua stessa carriera?
Consiglio fortemente la carriera diplomatica a tutti coloro che vogliano comprendere il mondo, nelle sue più diverse sfaccettature, politiche, economiche, culturali, sociali. Essere curiosi e interessati al mondo che ci circonda e leggere molto sono credo le due caratteristiche che accomunano tutti coloro che riescono ad entrare in carriera diplomatica.
Lei fa parte della generazione digitale che è abituata al "vivere social". Come impatta nel suo impegno di Console?
I social media hanno rivoluzionato il modo di lavorare di un diplomatico, fornendo un nuovo strumento di proiezione esterna dell'Italia, che fino a quindici anni fa non esisteva. Il lato positivo della "rivoluzione social" risiede nella vicinanza che i social media creano con i connazionali: il Consolato diventa così a portata di click. I rischi risiedono nella diversa alfabetizzazione digitale degli utenti, che in alcuni casi potrebbero ricevere meno informazioni via via che la digitalizzazione dei servizi procede, e nella più alta probabilità di misinformazione e di esposizione personale.
Un lavoro che richiede grande preparazione e, qualche volta, anche la capacità di affrontare situazioni imprevedibili...
Sì, mi piace citare un aneddoto. Quando mi trovavo ancora a Roma, in Farnesina, in piena emergenza Covid, ho fornito assistenza ad un noto circo italiano che era rimasto bloccato in un altro continente con tutti gli animali da nutrire e accudire fino alla riapertura delle frontiere.