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Quando le tasse ti salvano la vita

, di Giovanni Fattore - ordinario presso il Dipartimento di scienze sociali e politiche
Un aumento delle accise sul tabacco avrebbe un doppio effetto positivo: diminuire il numero dei fumatori e rimpinguare le casse dello Stato. Ma i suoi effetti sarebbero inevitabilmente regressivi

Diverse revisioni sistematiche di studi empirici mostrano che l'aumento del prezzo del tabacco ne riduce il consumo perché sfavorisce l'iniziazione al fumo, riduce il consumo medio di sigarette di chi continua a fumare e aumenta il numero di fumatori che riescono ad abbandonare totalmente il vizio.
Pertanto, aumentare significativamente le accise sul tabacco (imposte fisse per unità di prodotto venduto) è un intervento efficace e dovrebbe essere seriamente preso in maggiore considerazione a livello nazionale e internazionale, come d'altra parte raccomanda l'Organizzazione mondiale della sanità.
Gli studi disponibili suggeriscono che un aumento del 20% dell'accisa (circa un euro nel caso di un pacchetto di 20 sigarette) comporterebbe una riduzione dell'8% della quantità consumata di tabacco. Dato l'impatto gravemente nocivo del fumo sulla salute, questo aumento dell'accisa salverebbe migliaia di vite all'anno e comporterebbe allo stesso tempo anche risparmi di spesa sanitaria per i tumori e le malattie cardiovascolari.
Un'accisa di un euro per pacchetto di sigarette porterebbe anche nuove entrate allo Stato per circa due miliardi di euro. Aumentare le tasse sul fumo è quindi un intervento di sanità pubblica a grande impatto e in grado non solo di ripagarsi, ma anche di generare risorse aggiuntive per la collettività.

Il principale difetto di un tale intervento è che le accise sono un'imposta regressiva: essendo calcolate sui consumi pesano relativamente di più nelle fasce sociali con reddito più basso. In sostanza, l'effetto dell'aumento del prezzo delle sigarette sarebbe positivo per chi riesce a smettere di fumare o comunque a fumare di meno, ma risulterebbe in un pesante aggravio economico per chi non riesce ad abbandonare o comunque a limitare il vizio. Tutti i fumatori sarebbero un po' più poveri e, in particolare, i fumatori poveri dedicherebbero quote ancora più importanti del loro reddito (anche superiori al 20%) al finanziamento del vizio del fumo.
Per correggere la regressività dell'aumento delle imposte sul fumo si può prevedere che l'intero gettito venga re-investito in iniziative per favorire una società senza fumo, aiutando concretamente con servizi e terapie i fumatori ed evitando di utilizzare questa "sin tax" per coprire la spesa pubblica in generale. Bastone e carota: lo Stato interviene pesantemente per disincentivare il fumo; ma lo fa non per fare cassa e creando ulteriori disparità economiche, ma per finanziare una grande lotta a un vizio terribile che dovrebbe scomparire dalla nostra società.