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La lezione del gaming alla musica

, di Simone Autera
Ispirandosi al modello di business di Fortnite&co. anche il settore discografico per essere sostenibile economicamente è passato da un’economia basata sul prodotto a una che ruota intorno al fan e al suo bisogno creativo ed espressivo. In vendita non ci sono più solo i dischi, o meglio gli stream, ma esperienze che vanno dalle sessioni di live streaming on demand a quelle di songwriting

“Mi piacerebbe dirvi che ho iniziato a conoscerla nei club underground di Berlino, […] con indescrivibili magie di beat e synth. Ma sarebbe una bugia. La mia prima volta è stata attraverso un videogame futuristico di corse degli anni '90 chiamato WipEout.”

Keza MacDonald, giornalista del The Guardian, racconta così il suo avvicinamento alla musica dance. E poi anche ai Chemical Brothers e agli OffSpring, tutti scoperti in sessioni di gioco compulsive a casa di amici. 

Da sempre il mondo dei video giochi ha rappresentato, per l’industria discografica, un’opportunità di accesso al giocatore: da tool promozionale e dunque veicolo di scoperta di nuova musica (basti pensare alle stazioni radio delle vetture personalizzabili di Grand Theft Auto), fino, più di recente, a palcoscenico virtuale per i concerti degli artisti, o meglio, dei loro avatar (come per Lil Nas X su Roblox e Ariana Grande su Fortnite). Ma ciò che ha sempre guidato l’economia di scambio tra i due settori è il synch licensing, ossia la licenza del diritto di sincronizzare un brano ad un altro contenuto audiovisivo (pari, contando tutti i media di sincronizzazione, a 632 milionidi dollari nel 2023, ossia al 2,2% del fatturato complessivo dell’industria discografica, IFPI Global Music Report 2024).   

Ma al di là di una vetrina sul suo catalogo e di una fonte di ricavo aggiuntiva, c’è qualcosa di più che il mondo del gaming può dare a quello della musica: ed è una lezione di economia.

Per capire di cosa si tratta dobbiamo confrontare i due settori a partire dai loro modelli di ricavo. L’industria discografica ha un turnover rappresentato per quasi il 90% da vendita di musica, tramite distribuzione su supporto fisico o download digitale o streaming. Quest’ultimo, che vale il 67% del fatturato complessivo, ha progressivamente traghettato l’industria fuori dall’impasse economica in cui soffocava dai primi anni 2000. Il problema del modello di vendita di musica oggi è che il valore catturato da un artista dipende sì dai suoi volumi di ascolto, ma anche dai volumi degli ascolti complessivi sulla stessa piattaforma, rispetto alla quale la quota di pertinenza del singolo è quantificata. E se dal 2017 al 2022 il numero degli stream audio globali è più che triplicato, il valore monetario di un singolo stream è progressivamente diminuito, passando da 0,0065 a 0,0052 dollari (IFPI Global Music Report, 2023). La matematica fa il resto, suggerendo quanto complicato sia garantire la sostenibilità di chiunque distribuisca musica online.

L’industria del video gaming presenta un fatturato di circa 262 miliardi nel 2023, di cui il 70% è rappresentato da acquisti definiti in-game, ossia transazioni effettuate dentro l’esperienza di gioco, quindi non relative ad acquisto o accesso del gioco da parte dell’utilizzatore.

Le transazioni in-game sono di due modalità: legate al progresso nel gioco (progress) o inerenti alla personalizzazione del gioco (cosmetic). Nelle prime, il giocatore paga per un incremento di performance che serve a velocizzare e migliorare la giocata in termini di risultati; nelle seconde, il giocatore paga per personalizzare elementi non funzionali del gioco, come avatar e landscape (le cosidette skin). E questo significa fare leva su un bisogno di consumo di tipo aspirazionale, in cui è valorizzata la capacità creativa e espressiva dell’utente. Il modello di ricavo è costruito intorno al desiderio del consumatore, e non intorno all’accesso al prodotto. Qual è dunque la lezione per l’industria discografica?

Cercare nuove traiettorie di monetizzazione al di là della vendita del prodotto (distribuzione) e all’interno di soluzioni il cui valore è pensato intorno al bisogno creativo ed espressivo del fan. A titolo d’esempio: sessioni frequenti di live streaming on demand; lunghi set di performance che intervallano sessioni di co-creazione con i super-fan e sessioni di songwriting, in condivisione schermo su Ableton; sfide tra i fan per scegliere il brano successivo della scaletta, o contribuire ai beat o all'artwork della sessione.

I sistemi sempre più evoluti di produzione, distribuzione e condivisione dei contenuti a disposizione della creator economy, consentono di guardare più facilmente a nuove best practice nella relazione artista-fan proprio in questa direzione indicata dal mondo del gaming: il focus passa dal prodotto all’utente, e a cosa questi può farsene del prodotto.

SIMONE AUTERA

Bocconi University
Dipartimento di Management e Tecnologia

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