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Giovani in cerca di equilibrio

, di Beatrice Bauer
Nel mondo del lavoro, le nuove generazioni sono più propense a farsi sentire sul tema del worklife balance, anche se tendono a concentrarsi troppo sui propri bisogni. La loro è però una voce che le aziende dovranno imparare ad ascoltare

Le ricerche Gallup evidenziano come la modalità di gestione delle persone rivesta un'influenza sul benessere e engagement dei collaboratori quattro volte maggiore rispetto all'ambiente di lavoro anche se si è investito per renderlo più attraente. È proprio la modalità di gestione delle nuove generazioni a mettere in grande difficoltà le organizzazioni attraverso le pressanti richieste di attenzione per un maggiore rispetto delle loro esigenze di coniugare la vita lavorativa con la vita privata.
La tradizionale gestione dei neoassunti non ha mai concesso una grande attenzione alle esigenze professionali e personali dei giovani che si affacciano per la prima volta al mondo aziendale durante quello che è considerato perlopiù un periodo di silenzioso allenamento all'ascetismo e al sacrificio.
Così, quando oggi nel colloquio di selezione i giovani vogliono essere innanzitutto rassicurati sulla possibilità di integrare in modo armonico la propria vita professionale con la vita privata con, ad esempio, un numero adeguato di giorni da dedicare al tempo libero, il manager delle risorse umane raramente è interessato a proseguire il colloquio non ritenendo quella persona utile per l'azienda. Marco Serra, che ha più di 30 anni di esperienza nella selezione e gestione di persone di talento in Italia e all'estero, ritiene ormai fondamentale per ogni azienda offrire una maggiore attenzione al benessere delle proprie persone, in particolare se si vogliono attrarre le nuove generazioni. Per Marco Serra la comprensione di questo cambiamento radicale nelle motivazioni dei giovani non è facile poiché richiede un ascolto attento e un reale interesse verso persone che affrontano il mondo del lavoro con scarsa sensibilità alle regole aziendali e competenze sociali fortemente sbilanciate da una vita di relazione limitata ai social.

Laura Baruffaldi, autrice del libro 'Leading Millennials' (Egea), affronta nei corsi dedicati ai temi di self-management, il tema work-life Balance, ritenuto fondamentale dalle nuove generazioni, ma di difficile gestione per le aziende. In effetti più che di work-life Balance, (un bilanciamento equo e una separazione rigida tra tempo ed energia dedicati al lavoro e quello dedicato alla vita privata), oggi si parla di work–life Integration, della capacità cioè di unire in modo sinergico e più fluido le attività professionali e le esigenze personali. Osservando i partecipanti dei suoi corsi della Generazione Z e Millennial, la docente rileva una maggiore sensibilità e un maggiore desiderio da parte di queste generazioni di voler avere questo tipo di integrazione, "ma è come se non riuscissero a ottenerla e nel concreto non sanno neanche difenderla adeguatamente. Ci si limita più che altro alla dichiarazione di un principio o di un diritto". In sostanza, i giovani avrebbero una bassa consapevolezza dei loro reali bisogni, ma, allo stesso tempo, per una visione piuttosto narcisistica dei propri bisogni, anche una scarsa comprensione della reciprocità richiesta dall'ambiente di lavoro per realizzare questi loro obiettivi.
In realtà il desiderio di realizzare una vita meno nevrotica e stressante è il desiderio (sarebbe più corretto dire il vero bisogno) di tutti i lavoratori, giovani o boomers, capi o neoassunti. Lo stress è il problema che negli ultimi anni ha maggiormente danneggiato la salute dei lavoratori e la performance aziendale. Un terzo dei giovani tra 16 e 24 anni sono stressati e si è registrato un aumento della depressione del 100% circa, negli ultimi 10 anni. L'aspetto sorprendente, tra le diverse generazioni in azienda, è che solo i più giovani hanno la forza di pretendere con forza una maggiore attenzione al proprio benessere. Sarà quindi necessario un ripensamento radicale da parte dei manager per far sì che i capi che hanno vissuto negli anni una continua accelerazione e accettato una qualità di vita sempre più bassa, possano oggi, invece, promuovere o almeno accettare, un work-life balance dei loro nuovi assunti. E' prevedibile che in futuro saranno le persone di talento a lasciare la loro impronta sull'organizzazione del lavoro, a differenza del passato, dove erano i giovani a doversi adattare alle richieste dell'azienda. 

Nella lotta delle organizzazioni per attrarre le persone di talento la gestione di questi aspetti è paragonabile a una vera rivoluzione culturale. Purtroppo l'Italia in questi ultimi anni non ha favorito un radicale cambiamento nella gestione del suo capitale umano in generale e dei giovani in particolare e ha perduto più di 30 mila giovani talenti all'anno che hanno lasciato il Paese. Tra coloro che rimangono in Italia un numero particolarmente alto, il 15%, sono i giovani NEET (Not in Education, Employment or Training), che non lavorano e non studiano, paragonato al 5% del Nord Europa. Se vogliamo evitare il disengagement dei giovani il più grande cambiamento culturale richiesto ai manager aziendale sarà un passaggio da un rapporto transazionale- io ti pago e tu fai quello che ti dico io-, a una connessione psicologica più profonda con le persone, preoccupandosi di offrire loro innanzi tutto una esperienza di lavoro significativa di crescita professionale e personale. Ci riusciranno?
 

BEATRICE BAUER

Bocconi University