Contatti

Paolo Alderighi, un pianista che conosce il management

, di Andrea Celauro
Considerato una promessa del jazz, il 28enne bocconiano è tornato nelle aule dell’ateneo, ma questa volta da docente

In un certo senso, Paolo Alderighi, 28enne pianista jazz considerato tra gli emergenti più interessanti a livello internazionale, si fa beffe della geometria. Nella sua vita, le due rette parallele della passione per la musica e dello studio del management si sono incontrate, eccome. Oggi Paolo, oltre a suonare in tutto il mondo con i migliori musicisti di genere, insegna storia dello spettacolo, ovviamene occupandosi di musica, nel corso di laurea in Economia e management per arte, cultura e comunicazione alla Bocconi.

Paolo Alderighi

"Ritengo che uno dei compiti dei musicisti", spiega Alderighi, "sia quello di diffondere il proprio linguaggio. Il corso che tengo in Bocconi cerca proprio di dare agli studenti quegli elementi teorici sui quali si basa la musica, in modo da poterne cogliere le sfumature. Un po' come un corso di degustazione, che insegna a cogliere i diversi sapori che compongono un vino". Il doppio binario di Paolo Alderighi inizia dopo il diploma in pianoforte classico al Conservatorio di Milano, a 19 anni. Iscritto alla Bocconi, si laurea nel 2005 proprio al Cleacc con una tesi sul mercato discografico della musica jazz in Italia. È questo, infatti, il genere che sente più suo. "Amo la classica, che ho studiato anche più a lungo", racconta. "Però, sarà perché quando ero piccolo in famiglia si ascoltava jazz, questo è il genere che sento più familiare". Anche se dire genericamente che Paolo suona jazz è, come dice lui stesso, "poco significativo". "La musica è un universo gigantesco e le categorie finiscono per essere troppo stringenti. È l'approccio che si ha con la musica che fa la differenza". Il suo imprinting è quello dello swing e del periodo classico, oltre al bebop, stili che però ama rivisitare. "Cerco di fare un mix con ciò che ho appreso in ambito classico, ma, soprattutto, cerco di trovare la mia dimensione nel repertorio della tradizione. La grande caratteristica del jazz è che puoi prendere qualsiasi melodia e arrangiarla in base alle tue caratteristiche o al tuo modo di essere". Un processo di elaborazione che Paolo porta sul palco, ma che, "è questa la cosa interessante", grazie alla docenza riesce a trasmettere non solo con la musica. "Quando sei al pianoforte non puoi permetterti di spiegare cosa stai facendo, mentre seduto alla cattedra metti da parte l'aspetto emotivo e puoi raccontare ciò che sta dietro quello che suoni". Ripercorrere le tante tappe che hanno caratterizzato la sua carriera di musicista, sebbene sia giovanissimo, è un esercizio di memoria mica da poco. È stato premiato quale miglior giovane talento in Olanda al Breda Jazz Festival nel 2004, a seguito del quale è stato invitato 5 volte in Giappone. Ha ricevuto una menzione speciale della giuria al Premio nazionale delle arti 2007, sezione Jazz, indetto dal Ministero dell'Università. Si è esibito in varie formazioni e come solista in diversi paesi europei e in giro per il mondo, Australia compresa. Ha inciso parte della colonna sonora del documentario di Ermanno Olmi dedicato all'artista Jannis Kounellis. Si è classificato secondo nel referendum Top jazz 2007 della rivista Musica Jazz, nella categoria miglior nuovo talento, e al primo posto nel concorso Italian Jazz Awards 2008 nella categoria brand new jazz act. In più, ha recentemente registrato A touch of Swing, il suo terzo lavoro discografico. Ma ricordare i suoi risultati è un esercizio che fa capire come, in Italia, chi suona un certo genere di musica non abbia spesso la visibilità che merita, se non all'interno di una ristretta cerchia di connaisseurs. "L'educazione musicale, nel nostro paese, è un capitolo drammatico. La musica è vista quasi sempre più come intrattenimento che come cultura. Basta vedere il successo che hanno le trasmissioni televisive musicali". Certo, la canzonetta, o comunque la si voglia chiamare, non richiede una preparazione particolare per essere capita e apprezzata, tuttavia, "mi dà fastidio che si investa tanto sul cantante di X-factor e così poco, invece, nella diffusione e nell'ascolto della musica classica o del jazz", o che "il quartetto d'archi, formato tutto da professionisti, che accompagna cantanti come Morandi, sia pagato magari 50 euro a testa. Mi piacerebbe che ci fosse un po' più di rispetto per chi investe la propria vita in questo genere di musica". Paolo Alderighi conduce dunque la sua personalissima battaglia a favore dell'educazione musicale tanto sul palco che in cattedra alla Bocconi. Dove per altro, smessi gli abiti da docente, veste nuovamente quelli di pianista con la Bocconi Jazz Business Unit, sestetto formato anche da suoi colleghi. Le due rette delle vita di Paolo, in barba alla geometria, non fanno che incontrarsi.