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Niente panico, e' gia' tutto previsto

, di Stefano Liebman - direttore della Scuola di giurisprudenza
Puntualmente a ogni sciopero dei mezzi pubblici scatta l'effetto sorpresa e lo sconcerto per i disagi provocati ai cittadini. Eppure, proprio come in un copione cinematografico, e' gia' tutto scritto e il legislatore ha inserito tutti i necessari meccanismi per tutelare i consumatori e garantire la facolta' di contestazione ai lavoratori

Di recente è tornato alla ribalta il dibattito sulla necessità di irrobustire le garanzie per gli utenti in caso di sciopero nei servizi pubblici. All'indomani di un'agitazione che ha finito col mandare in tilt la rete milanese di mobilità, il direttore generale di Atm ha criticato le modalità di proclamazione degli scioperi proponendo una soglia minima di sbarramento della rappresentanza al 5%. In più, il manager ha invocato una comunicazione preventiva a carico dei dipendenti circa la volontà di aderire o meno allo sciopero, al fine di definire la portata del disagio. Anche il sindaco Sala è intervenuto per dare manforte al direttore generale di Atm, da un lato, chiedendo di «bilanciare il diritto alla protesta con il diritto di tutte le persone che si spostano sui mezzi», dall'altro, auspicando una sorta di manifestazione individuale della volontà di aderire alla protesta.
Conviene partire dall'auspicio del primo cittadino in merito alla necessità di tenere in equilibrio il diritto all'azione collettiva e il diritto dei singoli alla mobilità. È stata la stessa giurisprudenza della Corte di cassazione a elaborare e corroborare la teoria dei limiti esterni, intesi quali vincoli che trovano fondamento in norme costituzionali che tutelano posizioni soggettive concorrenti rispetto al diritto di sciopero, di rango paritario o addirittura superiore. In linea con tale orientamento, il legislatore nel 1990 ha regolamentato nel dettaglio lo sciopero nei servizi pubblici essenziali. In sintesi estrema, si può dire che già la Legge n. 146/1990, così come modificata nel 2000, opera di per sé un bilanciamento tra diritti garantiti dalla carta fondamentale.

Nel dettaglio, la legge impone di assicurare le «prestazioni indispensabili» e di dare comunicazione all'azienda e alla prefettura almeno dieci giorni prima di durata, modalità e motivazioni dello sciopero. A cascata, è dovere dell'azienda informare i propri utenti almeno cinque giorni prima dell'inizio dello sciopero, rendendo noti modi e tempi di erogazione dei servizi e delle misure per la riattivazione degli stessi. A pensarci bene, è proprio in virtù di questa comunicazione che i media hanno potuto minacciare il «caos trasporti».
Non basta. La contrattazione collettiva ha inserito in molti accordi non solo una lista di pratiche volte a garantire le prestazioni indispensabili, ma anche una clausola di conciliazione, un tentativo obbligatorio di raffreddare la tensione e ridimensionare l'agitazione. Gli accordi tra organizzazioni dei datori di lavoro e sigle sindacali possono prevedere l'astensione dallo sciopero di quote strettamente necessarie di lavoratori tenuti alle prestazione, oppure forme di erogazione periodica del servizio interrotto o, ancora, l'indicazione di intervalli minimi da osservare tra l'effettuazione di uno sciopero e la proclamazione del successivo.
Per quanto riguarda invece la proposta di disclosure della partecipazione personale, occorre fare chiarezza. Obiettivo di ogni genuina astensione collettiva dal lavoro è proprio quello di provocare disagio e spingere la controparte datoriale ad aprire un tavolo di negoziazione oppure a fare concessioni sulle materie più disparate. Quanto agli scioperi politici o ancora a quelli di solidarietà, la coalizione vasta di lavoratori che incrociano le braccia si pone il fine di mostrare i muscoli all'interlocutore, quale che sia, controbilanciando le sue pretese. Si può discutere della bontà delle rivendicazioni, ma nel privato così come nel pubblico, il conflitto è conflitto. Ed è un segno positivo dello stato di salute delle relazioni industriali. Occorre dunque ridimensionare lo sconcerto per l'esercizio di un diritto.

D'altra parte, anche il tema della misurazione della rappresentatività si riaffaccia di tanto in tanto sulla scena pubblica con sorti altalenanti. Dall'entrata in vigore della Costituzione non sono mancati i tentativi falliti, le proposte di legge, le resistenze incrociate e i clamorosi dietrofront. Un garbuglio di soluzioni che hanno generato un sistema sindacale di fatto, definito più dagli accordi (i famosi protocolli) e dalle consuetudini che dalle leggi, rimaste spesso inattuate. Nel 2014, con il Testo unico sulla rappresentanza sindacale, si è fatto un grande passo in avanti sulla misurazione e certificazione della rappresentanza. Non mancano dunque gli strumenti per evitare gli abusi, così come le garanzie a difesa degli utenti. Un equilibrio virtuoso è già oggi possibile.