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Lo sviluppo oltre l'emergenza

, di Camillo Papini
La chiave e' il rafforzamento del legame tra gli aiuti umanitari, per tamponare la crisi, e la cooperazione per definire la fase successiva, quella della pace e della crescita

Assicurare assistenza umanitaria alle popolazioni colpite da conflitti e disastri naturali significa "non solo intervenire sul campo in modo tempestivo ma elaborare una strategia di transizione e uscita che garantisca, anche una volta terminato l'intervento, effetti positivi a lungo termine riducendo il rischio di dipendenza dagli aiuti", spiega Beatrice Carlevaro, Regional Program Coordinator - East Africa per COOPI, basata a Nairobi con l'incarico di coordinare i programmi nei paesi dell'Africa orientale in cui l'organizzazione non governativa è presente (in particolare Somalia, Sudan ed Etiopia). "La sfida è generare un impatto integrato ed efficace", sottolinea l'alumna dell'Università Bocconi che ha conseguito un Master Degree in Economic and Social Sciences, "e questo è possibile grazie all'azione coordinata dei vari attori del sistema umanitario (Nazioni Unite, istituzioni governative, ong tra gli altri). Tanto più che le crisi umanitarie richiedono spesso interventi multisettoriali, volti a rispondere ai molteplici bisogni delle popolazioni colpite", sempre secondo Carlevaro che ha lavorato in passato anche in Libia, nell'assistenza umanitaria rivolta ai richiedenti asilo rilasciati dai locali campi di detenzione. Futuro e sfida del settore umanitario? "Lo vedo nel rafforzamento del legame tra aiuti umanitari e cooperazione allo sviluppo", risponde Carlevaro, "collegando maggiormente il concetto di attività umanitarie, sostegno allo sviluppo e promozione della pace".