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Le tecnologie digitali al servizio della diplomazia moderna

, di Davide Ripamonti
Passione, dedizione, apertura alle sfide e disponibilita' a viaggiare per il mondo sono le doti di un buon diplomatico. Ma le nuove tecnologie sono sempre piu' rilevanti, come spiega nell'intervista Ludovica Laviani Mancinelli

Il colpo di fulmine è stato uno stage, quando ancora studiava, presso l'Ambasciata d'Italia a Buenos Aires. Un lavoro che la portasse in giro per il mondo era tra gli obiettivi, ma forse in qualche multinazionale, in una big del settore privato. Ludovica Laviani Mancinelli, laureata in Bocconi in Economia e management delle amministrazioni pubbliche e delle istituzioni internazionali, invece, dopo quell'esperienza ha scelto la diplomazia e adesso, a 34 anni, è primo segretario con competenza per gli affari economici e commerciali presso l'Ambasciata d'Italia in Israele.

In che cosa è diversa la strada che ha intrapreso rispetto a quella che si era immaginata agli inizi del suo percorso universitario?
Quello che mi dà maggiore soddisfazione è servire lo Stato, gli interessi del mio paese. E' qualcosa di nobile, di superiore, che ovviamente nel settore privato manca. E questo indipendentemente dal fatto di essere in Italia o in giro per il mondo.
Qual è stato fin qui il suo percorso?
Ho collaborato, in Italia, all'organizzazione del G7 e del G20 prima presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e poi nello staff dell'ufficio del consigliere diplomatico a Palazzo Chigi. La mia prima destinazione all'estero è stata Washington, un periodo davvero ricco di soddisfazioni e di stimoli visto che gli Stati Uniti sono un alleato importante del nostro paese.
Uno degli aspetti che caratterizzano la vita di un diplomatico sono i trasferimenti, il fatto di cambiare sede di lavoro con una certa frequenza. E' bello essere una giramondo?
Per quanto mi riguarda ogni nuovo incarico è soprattutto una sfida. Si ha l'opportunità di conoscere persone straordinarie a qualsiasi livello e di ricevere dal confronto con loro continui nuovi stimoli. E' chiaro che noi dobbiamo essere malleabili, flessibili, anche perché il mondo cambia a una velocità davvero impensabile fino a qualche anno fa. Sede e incarico cambiano in genere ogni quattro anni, le dinamiche geopolitiche anche più in fretta.
Adesso è in Israele, un paese dinamico, al crocevia tra tradizione e modernità. Quali sono i suoi compiti?
Seguo il settore economico e commerciale, mettendo in questo modo a frutto i miei studi in Bocconi. Faccio da tramite tra le aziende italiane che vogliono entrare nel mercato israeliano, in particolare nel settore tecnologico e dell'innovazione che qui è molto sviluppato, e le istituzioni israeliane. C'è un enorme potenziale in questo senso.
Se dovesse rivolgersi a dei giovani studenti universitari attratti da una carriera come la sua, cosa consiglierebbe loro?
Che devono essere pronti a fare cose sempre diverse, alla formazione continua e devono anche avere spiccate doti di problem solving. Un'altra cosa secondo me importante è uno stile comunicativo chiaro. La moderna diplomazia, con l'utilizzo sempre più massiccio delle tecnologie digitali, ha azzerato le distanze, non esistono più centro e periferie, siamo tutti interconnessi. Scherzando, dico che la diplomazia ancora non si fa su WhatsApp, ma anche WhatsApp è diventato uno strumento di lavoro.