L'ABC della finanza
L'Italia è da tempo uno dei paesi sviluppati con il più basso livello di educazione finanziaria, purtroppo. Negli ultimi anni gli sforzi si stanno moltiplicando, grazie anche alla costituzione del Comitato Nazionale Edufin, diretto dalla prof.ssa Annamaria Lusardi, pioniera internazionale in questo campo, nonché consulente di analoghi comitati negli USA. Ma perché questo tema è così socialmente importante?
La financial education non riguarda tanto la capacità dell'investitore medio di interagire efficacemente con il proprio consulente finanziario, quanto la mancata comprensione di alcuni concetti di base per una parte importante della popolazione, e le diseguaglianze che ne conseguono. Ciò contribuisce all'assenza di pianificazione in campo finanziario, assicurativo e previdenziale. Ad esempio, alla domanda "investendo 100 euro al 2% per 5 anni otterrai 110 euro, più di 110 euro o meno di 110 euro", solo il 23% degli italiani adulti risponde correttamente mostrando di aver compreso il concetto di tasso composto (survey Banca d'Italia del 2020). Possiamo allora comprendere che la maggior parte della popolazione si trovi in difficoltà nel valutare la capacità di sostenere il costo del proprio mutuo, nel capire perché occorra iniziare a costruirsi una pensione complementare da giovani, nel risparmiare e investire efficientemente per garantirsi un futuro sereno.
Insegnare le basi della finanza ha quindi una fondamentale funzione sociale: adottare un approccio consapevole e di lungo termine verso le proprie finanze può aiutare anche i nuclei familiari più deboli a resistere a possibili shock esterni. Ciò vale a maggior ragione per le giovani generazioni di italiani che, rispetto ai loro genitori, si trovano a dover affrontare una serie di sfide: un sistema pensionistico che si profila meno generoso, con una più alta speranza di vita; cure sanitarie più raffinate ma potenzialmente costose; una maggiore difficoltà nell'aiutarsi tra figli (meno numerosi) e genitori, anche a causa di maggiore mobilità geografica; una maggiore instabilità delle famiglie, con uomini o donne tornati single costretti ad affrontare problemi finanziari seri.
In Italia una sfida importantissima è l'educazione finanziaria dei giovani. Negli ultimi anni le iniziative di alcune fondazioni e istituzioni si sono moltiplicate, anche grazie alla spinta del Comitato Edufin. L'inserimento tra le materie obbligatorie a scuola, nell'ambito dell'educazione civica o della matematica, di un numero anche limitato di lezioni di educazione finanziaria di base, sarebbe qui decisivo. Ancora più ambizioso è poi l'obiettivo di raggiungere gli adulti ormai al di fuori del sistema scolastico, che spesso non hanno adeguate competenze di base; ciò vale in particolare per le donne, con l'Italia che purtroppo mostra un financial literacy gender gap particolarmente sviluppato. Come emerge da un recente studio che stiamo conducendo con la Divisione Studi Consob, il problema per gli adulti è aggravato dal fatto che chi ha minori conoscenze di finanza è anche meno intenzionato a imparare, perché percepisce meno i potenziali benefici di conoscerla, o perché pur percependo tali benefici, la ritiene troppo complessa.
Volendo creare una evidence-based financial education, è importante sviluppare interventi e misurarne gli effetti in modo rigoroso. Ciò è avvenuto in diversi progetti di ricerca/intervento condotti da Bocconi (alcuni dei quali descritti sul sito https://bafficarefin.unibocconi.eu/edufin), in collaborazione anche con donor esterni o con lo stesso Comitato Edufin. La ricerca in questo campo deve infatti ambire a correggere una delle fonti di diseguaglianza e fragilità più importanti, anche se trascurate, per le società contemporanee. Insegnare anche ai soggetti più deboli l'ABC della finanza e a pianificare deve quindi diventare un vero obiettivo delle politiche di welfare pubblico. Per le imprese, può diventare un tassello chiave delle politiche di sostenibilità sociale.