Il sogno realizzato di Federico
È una di quelle discipline quasi dimenticate che, magicamente, nell’anno olimpico assurgono agli onori delle cronache. Almeno in Italia dove, da sempre, la scherma assicura un costante e cospicuo contributo al medagliere, con campioni e campionesse che hanno fatto la storia di questo sport e dello sport in senso assoluto. A Parigi 2024 anche un atleta bocconiano, Federico Vismara (laureato in Economics and management of Government and International Organizations), 27 anni, milanese, sarà tra i protagonisti della spada, lui che, nel 2023, ha conquistato la medaglia d’oro ai Campionati Mondiali nella competizione a squadre e quella d’argento individuale ai Campionati Europei e nel 2024 l’argento a squadre sempre negli Europei. Per Federico si tratta della prima esperienza a cinque cerchi, che arriva a 27 anni, nel pieno della maturità per un atleta.
In una precedente intervista, sette anni fa, quando eri ancora studente, avevi dichiarato che il tuo obiettivo sportivo erano proprio le Olimpiadi, Tokyo 2020 (poi spostate al 2021 per il Covid) o Parigi 2024. Obiettivo raggiunto al secondo tentativo…
Sì, anche se in realtà sono stato anche a Tokyo, non per gareggiare ma come parte della delegazione, come sparring partner degli atleti impegnati nelle gare. Ricordo soprattutto il clima surreale determinato dalle limitazioni dovute alla pandemia, zero contatti. Sembravamo dei reclusi. Però questo, pur con tutti i limiti di cui ho detto, mi ha permesso di respirare in anticipo il clima della manifestazione.
Tu hai già partecipato, e vinto medaglie, ai Mondiali e agli Europei, prima nelle competizioni giovanili e poi in quelle assolute. Che cosa rende diverse, a livello di attrattività, le Olimpiadi?
Sono la realizzazione di un sogno. Ogni bambino che fa sport sogna un giorno di essere parte di questo evento globale. È il luogo dove puoi vedere da vicino e conoscere atleti di altre discipline, magari con molta notorietà, che di solito vedi solo in tv. E poi l’orgoglio di far parte della delegazione italiana, che noi atleti sentiamo molto.
Poi c’è l’aspetto agonistico. Partecipare alle Olimpiadi significa essere un atleta di altissimo livello, vincere una medaglia ti proietta nella storia. Quali sono i tuoi obiettivi?
Competere al massimo delle mie possibilità è il primo. Poi dipenderà da tanti fattori. Rispetto ai Mondiali, per esempio, qui partecipano molti meno atleti, solo quelli davvero top. Non hai il tempo di calarti nella competizione, fin dai primi turni gli avversari sono tutti molto forti e ognuno di noi sa che la propria partecipazione può esaurirsi in un quarto d’ora. Nella competizione a squadre, per esempio, ai Mondiali partecipano circa 40 squadre, alle Olimpiadi solo le prime otto del ranking. Anche se siamo campioni del mondo sappiamo che fin da subito avremo un avversario che ci può battere. Ci vuole bravura ma anche fortuna.
Competizione a squadre, in uno sport per solito individuale, che richiede qualità specifiche…
Sono due realtà molto diverse, così come diverse sono le responsabilità. Nella competizione individuale gareggi per te stesso, in quella a squadre anche per i compagni e soprattutto per il tuo paese. La responsabilità è maggiore e ci sono atleti che soffrono molto questo aspetto.
Seguire un percorso di studi universitari impegnativo, parallelamente all’attività sportiva, pensi che ti abbia tolto qualcosa come atleta? Saresti stato ancora più forte se ti fossi dedicato solo alla scherma?
Difficile dirlo. Forse qualcosa mi ha tolto da quel lato, però è anche vero che avere altro a cui pensare quando qualcosa è andato male aiuta a distrarre la mente. Complessivamente non rinnego niente delle scelte fatte, perché la laurea mi garantirà un futuro quando avrò smesso con lo sport agonistico.
Momento che non è così lontano, nonostante i soli 27 anni…
No, quasi sicuramente smetterò dopo le Olimpiadi. Voglio vedere cosa c’è là fuori, ma soprattutto non voglio entrare nel mercato del lavoro troppo tardi. Mi guarderò in giro, l’obiettivo a medio/lungo termine è lavorare in qualche organizzazione sportiva o federazione.
E un risultato eclatante non ti farebbe cambiare idea?
Non credo, il risultato è frutto di una serie di variabili, sarebbe riduttivo decidere solo in base a questo. L’importante è la consapevolezza di aver fatto tutto al meglio, di non aver lasciato nulla di intentato.
Eleonora Giorgi, atleta della marcia e anche lei alumna Bocconi, a Parigi disputerà la quarta Olimpiade. Che cosa ti senti di dirle?
Intanto farle i complimenti per la longevità agonistica. Gli sport di prestazione come il suo e quelli di combattimento, come la scherma, sono molto diversi, anche da un punto di vista dell’approccio. Nel suo caso, se la prestazione non arriva, non arriva neanche il risultato. Noi abbiamo ogni volta un avversario diverso, l’importante è dimostrarsi superiori a quell’avversario in quel preciso momento. Il classico “mors tua, vita mea”.
C’è un atleta di un altro sport che vorresti incontrare a Parigi?
Non ho mai avuto idoli sportivi, ma mi piacerebbe incontrare Novak Djokovic. È un giocatore molto forte mentalmente, che vive le partite in tutte le loro sfaccettature. E questo gli ha permesso di essere un vincente per così tanti anni.