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Il coronavirus non e' solo un'emergenza sanitaria

, di Andrea Celauro
Dalla direzione del reparto di Pneumologia degli Spedali Civili di Brescia, l'alumna Michela Bezzi spiega perche' il virus non si vince solo con le terapie

"Ah, se avessi qui con me i miei colleghi dell'Emmas...". È questo il primo commento che si lascia scappare Michela Bezzi, direttore del reparto di Pneumologia dell'Asst Spedali Civili di Brescia e diplomata all'Executive master di SDA Bocconi, quando cominciamo la lunga chiacchierata sulla situazione sanitaria nella sua struttura. Un commento che ha una motivazione precisa: "Il covid è stata soprattutto una sfida manageriale", spiega il medico e manager.

Com'è oggi la situazione nei vostri presidi?
Nettamente migliore. Siamo passati dall'avere fino a 1.200 pazienti al giorno ricoverati covid positivi ad averne oggi 267. Abbiamo avuto due picchi, il 14 e il 21 marzo, anche in termini di decessi. Questi ultimi in totale sono stati fino a oggi circa 400.

Avete dovuto cambiare le vostre strategie di intervento in ospedale?
Bisognerebbe ribaltare la domanda: c'è qualcosa che è rimasto uguale a prima? È stato completamente stravolto tutto. L'approccio iniziale è stato quello di ricoverare i pazienti covid nella divisione di malattie infettive, portandone i letti da 64 a 84. Nel momento in cui malattie infettive non poteva più contenerli, è stata prima convertita una parte della nostra pneumologia e poi, dalla notte del 2 marzo, è stato aperto un nuovo reparto di una trentina di letti ogni sera e sono stati convertiti parte di altri reparti. Alla fine avevamo 13 nuovi reparti per circa 430 letti destinati a pazienti covid (degenza ordinaria/sub-intensiva) solo nel presidio centrale. In più sono stati allestiti altri 400 letti negli altri due presidi del gruppo. I posti in terapia intensiva (che è solo nel presidio centrale), sono invece stati quasi triplicati: dai normali 30 siamo passati a 84.

Avete anche attivato un sistema di screening preventivo per il pronto soccorso
Questo è stato un elemento vincente. Fin da subito abbiamo attivato un percorso che prevedeva triage in auto o in ambulanza per le persone in arrivo al pronto soccorso: così facendo abbiamo distinto fin dall'accettazione tra un percorso 'pulito' (pazienti con patologie non legate al covid) e un percorso per pazienti che avevano sintomi compatibili col covid.

Ma quali caratteristiche hanno oggi i pazienti covid? È cambiato qualcosa in questo mese?
In fase iniziale abbiamo avuto pazienti anziani cosiddetti comorbidi (nei quali coesistevano diverse patologie pregresse) e pazienti (anche giovani) cosiddetti 'fragili'. Dopo le prime due settimane, l'età media dei pazienti è calata e questi potevano anche non presentare patologie associate. Sempre, comunque, con una netta prevalenza degli uomini sulle donne.

In una pandemia diventa fondamentale la circolazione delle informazioni. C'è stata collaborazione in queste settimane tra ospedali?
C'è stata una grande collaborazione all'interno dell'azienda, con un totale abbattimento delle 'barriere' all'interno dei vari reparti. Tutte le competenze e professionalità si sono unite per collaborare. E poi si è instaurato un rapporto strettissimo con gli altri due presidi del gruppo e una forte collaborazione tra strutture pubbliche e strutture private. In ultimo, tra vari ospedali e i medici sul territorio.

Lei ha una doppia formazione da medico e da manager. Perché l'Emmas?
L'ho scelto perché ero diventata primario a Firenze a 39 anni e sentivo di avere bisogno di acquisire competenze manageriali oltre che mediche. Nel momento in cui ti trovi a coordinare diverse persone hai bisogno di competenze specifiche. Avevo cominciato questo percorso a Pisa in un corso per direttore di struttura complessa, l'ho proseguito con l'Emmas e l'ho concluso poi con il corso per Direttori di azienda sanitaria in Regione Lombardia. Di questi percorsi, il master è stato il più completo.

Ha esordito facendo riferimento alla 'squadra' dei suoi colleghi al Master. Vi siete confrontati durante questa emergenza?
Qui con me, dal primo giorno, c'è Luisa Spadari, mia collega dell'Emmas. Luisa non è un medico, normalmente riorganizza le aziende private in difficoltà. È stata autorizzata a stare qui e, sprezzante del pericolo, è con me dall'inizio dell'emergenza per la riorganizzazione dell'ospedale. Oltre a lei, mi ha dato supporto il network di grandi professionisti che ho sentito in questi giorni terribili, come Luigi che lavora in Regione Lombardia alla Sanità, Dario al SITRA in un gruppo privato, Giovanni che mi invia le sue idee dalla Sicilia. Il master mi ha fatto trovare anche veri amici. Quindi sì, quanto vorrei aver qui l'intera squadra Emmas.

Dunque il coronavirus non è soltanto un'emergenza da affrontare dal punto di vista sanitario
Credo che la sfida di gestione del covid sia stata soprattutto manageriale: la sfida sanitaria si è sviluppata ora per ora sul campo in termini di terapie e di trattamenti, ma il covid lo si vince organizzandosi per ridurre il contagio oltre a curarlo nei casi contagiati. Per questo faccio riferimento ai percorsi di gestione del territorio, alla distinzione dei percorsi al triage o ancora alla necessità di seguire i pazienti anche a distanza.

(Nella foto: Michela Bezzi, a sinistra, insieme alla collega dell'Emmas Luisa Spadari)