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Guidare la trasformazione digitale senza lasciare indietro nessuno

, di Emanuele Elli
I passi utili per imparare a guidare una grande azienda, la necessita' di promuovere l'upskilling e il reskilling per le competenze digitali, l'opportunita' di lavorare su tutto il percorso di formazione delle persone, a partire dalla scuola, per ridurre il gender gap nelle lauree stem. L'alumna Barbara Cominelli (CEMS Senior Alumni 2021), ceo per l'Italia di Jones Lang LaSalle SpA, racconta la sua visione

"Ho sempre avuto l'ambizione di fare la manager, ma sapevo che per riuscirci sarebbero contati per metà il merito e per metà le chance. Per questo è fondamentale entrare in contesti dove il merito emerge e le opportunità si generano. Per me è stata la Bocconi". Esordisce così Barbara Cominelli, Ceo per l'Italia di JLL (Jones Lang LaSalle SpA), società leader nei servizi e nella gestione degli investimenti immobiliari, nel raccontare il percorso professionale e di formazione che l'ha portata a diventare una delle più influenti top manager italiane, a lungo una delle pochissime donne ai vertici nel settore digitale e, oggi, in quello del Real Estate.

Come si costruisce una carriera da CEO?
Ognuno ha il suo percorso, ma mi sento di dire che quello della consulenza è un passaggio che per me è stato assolutamente fondamentale per acquisire una visione strategica, abituarsi all'apertura mentale e al cambiamento, imparando a innovare attraverso cross-fertilizzazione di idee e settori, in linea di continuità con quanto si fa in università. Personalmente sono state molto utili anche le esperienze di marketing strategico e il ruolo in operations: gestire 3.000 persone mi ha fatto crescere molto nella gestione e nella motivazione di grandi squadre. Oggi tutte le aziende hanno in agenda un grande tema che è quello della trasformazione, sia essa una rivoluzione digitale, un cambiamento di business o una trasformazione in chiave green. L'obiettivo dei manager in tutti i settori è capire come si devono guidare grandi organizzazioni e strutture complesse verso nuovi modelli. Il tutto coinvolgendo le persone, senza lasciare indietro nessuno, alimentando una visione comune, tagliando l'organizzazione in verticale, aggregando, insomma usando la testa e la pancia e stando vicino al team day-by-day. Per questo penso che per prepararsi ai ruoli di Ceo sia fondamentale prevedere anche l'esperienza "pratica" in una business line e non esclusivamente ruoli di staff.
Un ultimo aspetto importante da curare fin da subito è l'abitudine a pensare e a lavorare a due velocità. Qualunque posizione si ricopra, ci saranno sempre degli obiettivi a breve termine da raggiungere e dei quali rendere conto, ma, come detto, anche traguardi a lungo termine per i quali occorre programmare il futuro con anticipo e capacità di visione.

Per "non lasciare indietro nessuno" occorre affrontare anche il tema delle competenze presenti in azienda. Nel settore digitale che lei conosce bene, il problema è particolarmente evidente. Da dove si comincia per recuperare terreno?
In Italia c'è un evidente mismatch tra domanda e offerta di profili digitali; c'è bisogno di creare una pipeline che porti in tutte le aziende nuovi talenti digitali in grado di gestire i cloud, di lavorare sui dati, l'intelligenza artificiale, la cybersecurity e così via. Contemporaneamente, però, c'è una forte urgenza di fare upskilling e reskilling, cioè di aggiornare le competenze di coloro che sono già in azienda. L'ideale è quando riusciamo a innestare le nuove competenze su manager che hanno già alle spalle magari 20 anni di lavoro; ad esempio, un marketing manager esperto di settore grazie al digitale impara a fare una sorta di "marketing aumentato". Questo esercizio di upskilling consente di avvicinare la tecnologia a chi la usa e a mettere loro a disposizione una nuova cassetta degli attrezzi per fare meglio il proprio lavoro. Mentre a volte raccontiamo la tecnologia come qualcosa di inaccessibile, complicato, come se l'innovazione fosse riservata solo ad alcuni adepti. La situazione, insomma, richiede competenze, ma anche visione d'insieme. È giusto, dunque, incentivare le lauree Stem ma credo sia fondamentale lavorare anche sulla riqualificazione delle competenze.

A proposito di lauree Stem, i dati più recenti dimostrano che il gender gap nelle iscrizioni si è ridotto. Qual è la situazione oggi nelle aziende e quali iniziative si possono mettere in atto per annullare il gender gap nelle professioni del digitale?
Sulle lauree Stem scontiamo ancora vent'anni di marketing fatto male: ci hanno raccontato per troppo tempo che erano materie da uomini e facciamo fatica a uscire da questo stereotipo. Però le cose stanno cambiando e ci sono segnali positivi. Secondo me è necessario lavorare di più su tutta la pipeline, dalle medie e dalle scuole superiori. E serve assorbire qualche modello "ibrido" da altri Paesi. In Italia, per esempio, non ci sono percorsi formativi che permettano di studiare insieme filosofia e computer science... ma perché? Dare l'opportunità di mescolare le discipline sarebbe molto positivo, farebbe acquisire competenze sia nell'uno che nell'altro ambito. Detto questo, mi fa piacere constatare che nelle aziende stiano emergendo molti talenti femminili nel digitale perché l'uso della tecnologia non è una questione di "gender". Inoltre, in tutte le aziende medio-grandi ormai c'è la consapevolezza che avere una popolazione 50/50 è una priorità di business e questa sta diventando non solo una dichiarazione di intenti, ma una direzione prevista nei piani operativi, dunque con target, scadenze, responsabilità e con un focus ben chiaro su tre momenti che restano critici: il recruiting, la retention e le promozioni.

Il settore immobiliare sembra proprio tra i più resistenti: poche donne tra i top manager, pochissime tra i Ceo. Come mai?
È vero, non è un settore particolarmente avanzato da questo punto di vista, ma è solo questione di tempo perché è un'industry molto attrattiva e che si trova di fronte a sfide importanti, prima fra tutte quella della sostenibilità, perché ancora oggi circa il 40% delle emissioni totali provengono dall'ecosistema del costruito. È una fase trasformativa entusiasmante: il settore si sta aprendo fortemente al digitale e la tecnologia sarà un enabler chiave della prossima fase di crescita. Infine, anche il valore della diversity, intesa non solo in termini di genere, ma anche di background, etnia, provenienza, sensibilità, competenze, si sta affermando con forza.

A che punto siamo nel processo di trasformazione digitale del paese?
La voglia di fare c'è e sono molto fiduciosa che diverse iniziative del PNRR ci faranno fare un salto in avanti. Tuttavia, se guardiamo l'indice Desi, l'Italia resta per ora sempre più o meno allo stesso punto, nella parte bassa della classifica europea. Io credo che, insieme agli investimenti in infrastrutture, sia il momento di investire con la stessa convinzione sulle competenze e sul capitale umano, perché la differenza alla lunga potremo farla se avremo talenti capaci di sfruttare le infrastrutture a disposizione. Altrimenti saremo sempre noi a rincorrere gli altri o a farci trascinare dall'evoluzione tecnica.

Guidare l'innovazione o farsi travolgere... è un tema mai risolto ma sempre più attuale.
La tecnologia è un abilitatore, come l'elettricità. Nessuno ha paura dell'elettricità, invece molti hanno paura dell'intelligenza artificiale. Come mai? Perché non riusciamo a costruire una cultura del digitale, basata sull'idea che la tecnologia è uno strumento, va governata: non dobbiamo chiederci solo cosa può fare la tecnologia, ma cosa deve fare, cosa vogliamo che faccia, costruendo quindi una visione a lungo termine, tracciando linee guida, programmi e regole all'interno dei quali far correre l'innovazione.

Da chi e da dove comincia questo processo?
Vorrei fare una "call to action" che chiami in causa i leader. La curiosità, la voglia di inventare il futuro, la sensibilità per l'inclusione, l'empowerment dei nuovi talenti, l'affermazione di una visione sostenibile e di un nuovo capitalismo, sono tutti elementi che devono oggi guidare l'azione di un leader. È da loro, da noi, che parte il cambiamento. Siamo noi che dobbiamo cambiare le regole, la responsabilità è nostra. Anche a me capita, nelle occasioni in cui mi trovo a parlare ai giovani, di incoraggiarli dicendo che il futuro è loro, ma questo non mi assolve dal compito di dedicare tutte le mie energie a preparare per loro il contesto migliore in cui riuscire a fare la differenza.

Biografia
Laureata con 110 e lode in Bocconi, diplomata nel Master CEMS-MIM in International Management conseguito presso la Bocconi e l'ESADE di Barcellona, Barbara Cominelli (CEMS Senior Alumni 2021) è dal 2020 Ceo di JLL Italy. Ha studiato e gestito importanti team multiculturali in Italia, UK, Usa, Spagna, Olanda e, prima di ricoprire l'attuale incarico, è stata Direttore Digital, Commercial Operations e Wholesale di Vodafone e Chief Operating Officer at Microsoft Italy. "Tutto però è iniziato proprio in Bocconi", commenta la manager. "Ricordo gli anni della laurea come un'eccezionale esperienza di studio allargato, ovvero di disciplina ma anche di relazioni, di vita studentesca (era rappresentante degli studenti, nda). È stato un momento decisivo non solo per collegare i puntini, per cross-fertilizzare i saperi, ma anche per assorbire il desiderio di rimanere sempre aggiornata e di essere parte di una community internazionale. L'esperienza del master in particolare, che ho svolto in parte a Barcellona, è quella che mi ha fatto sentire per la prima volta davvero europea. Vivendo in un "appartamento spagnolo", come quello del celebre film, mi sono sentita parte di una comunità più grande e ho avuto la prova di quanto siano più numerose e importanti le cose che ci accomunano rispetto alle differenze".