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Greenpass e ristorazione, cercasi equilibrio tra piacevolezza e sicurezza

, di Camillo Papini
Tre studiosi della Bocconi hanno scritto un paper sull'esperienza nei ristoranti ai tempi del coronavirus

C'è un sottile confine oltre il quale il concedersi una cena al ristorante non è più un piacere. In tempi di COVID, quella linea è segnata dal giusto mix che un esercizio commerciale deve saper trovare disponendo innanzitutto i tavoli in modo corretto e facilmente fruibile, ripartendo con equilibrio la clientela tra ambienti interni ed eventuali spazi all'aperto e ancora assicurandosi che il personale di sala rispetti le misure anti-contagio. Tutti elementi che vengono vissuti positivamente dai clienti insieme ad altri tra cui, con importanza decrescente, l'utilizzo di dispositivi di protezione individuale (DPI), la tipologia di illuminazione, senza dimenticare la richiesta di rispondere, all'ingresso, al questionario sul proprio stato di salute ed eventuali contatti pericolosi. "Però, già il questionario iniziale viene poco tollerato dai clienti e, nella scala delle misure meno apprezzate, arriva subito dopo la separazione dei tavoli tramite divisori in plexiglass. Il cosiddetto clinical screening è visto come un intervento eccessivo e quindi capace di rendere meno gradevole l'esperienza di una cena o di un pranzo al ristorante", dichiara Luca Buccoliero, Dipartimento Marketing dell'Università Bocconi, che insieme a Elena Bellio, Università Bocconi e Università Ca' Foscari di Venezia, e a Livia Luciani Ranier Gaudiosi di Canosa, Università Bocconi, ha scritto il paper "The restaurant experience at the times of coronavirus: the 'new normal' between delight and safety."

"Si tratta allora di individuare un equilibrio delle misure di prevenzione che sia funzionale alla prevenzione contro il coronavirus ma senza rischiare d'indisporre i clienti", sottolinea Buccoliero che ha condotto la ricerca tra maggio e novembre 2020, in un momento di riapertura e quando ancora non c'era il greenpass.

E' vero che nella formulazione di un giudizio finale restano sempre centrali la qualità del menu, la cura (anche dell'igiene) con cui vengono preparati i piatti, i prezzi applicati e l'atmosfera ricreata dal ristorante. Ma adesso, con l'introduzione del passaporto sanitario, "occorrerà trovare un nuovo punto di equilibrio e, soprattutto, non bisogna rischiare di ridurre troppo gli interventi di sicurezza solo perché c'è stato il controllo preventivo del greenpass. Del resto", chiosa Buccoliero, "spesso i pasti vengono consumati in luoghi chiusi e questo è un virus che si trasmette per via aerea. Il controllo del greenpass non esenta dal rispetto delle misure preventive finora adottate".