Daniela, una prof da favola
È zia di tredici nipoti e, per vivere, ha fatto anche la baby-sitter. Questo, dice lei, spiega perché Daniela Preite abbia scritto una fiaba, anche se per adulti. Per capire perché la fiaba (Il bilancio dei desideri. Realizzare i propri sogni per essere felici, Sperling & Kupfer, 117 pagine, 13 euro) aiuti a decidere quali sono le cose che ci stanno veramente a cuore, gli obiettivi che vale davvero la pena perseguire, bisogna conoscere più da vicino questa docente della Sda Bocconi e dell'Università degli Studi del Salento, che si occupa prevalentemente di contabilità pubblica. Più che da suggestioni letterarie (Preite legge soprattutto di psicologia e saggistica d'attualità), il suo libro è frutto dell'esperienza diretta.
La sua fiaba racconta di Perfettino, un manager maniacalmente preciso al lavoro e in famiglia, la cui regolarità è messa in crisi da una statua, che all'improvviso si mette a parlare, chiedendogli quali siano i suoi desideri, dal momento che sembra passare la vita cercando di soddisfare quelli degli altri. Con l'aiuto dell'amico contabile Risolutore, Perfettino si mette a stilare un bilancio dei desideri raggiunti e ancora da raggiungere. In un primo tempo riesce a comprendere solo i desideri materiali, ma quando la statua lo sprona ulteriormente riesce a vedere anche quelli immateriali e quelli autentici, ovvero non condizionati dalle aspettative degli altri. Vista la distanza tra i suoi desideri autentici (passione per la musica, voglia di avere più tempo da dedicare a se stesso) e la realtà, la tentazione è quella di cambiare radicalmente vita, ma Perfettino finisce per capire che è possibile conciliare sogni e realtà in un bilancio unico, che comprenda i desideri di ogni genere.
Ebbene, Preite si è trovata nella situazione di Perfettino e ha cercato di "guardarsi dentro" in modo analitico, come le suggeriva la sua formazione contabile. Pugliese, classe 1969, Daniela è la quinta di sei figli di un padre emigrante per necessità e di una madre casalinga. Dopo la terza media, nonostante la sua passione per lo studio, le condizioni economiche della famiglia l'hanno costretta a lavorare. "Anche se il mio sogno da ragazzina era fare la cantante e la ballerina, in realtà ho fatto l'operaia e la commessa prima di seguire una delle mie sorelle in Svizzera, dove mi guadagnavo da vivere come baby-sitter. Lì ho capito che il mio futuro doveva assolutamente essere lo studio". Tornata a casa, si è iscritta a ragioneria, sempre affiancando allo studio qualche lavoretto – soprattutto ripetizioni, in questo periodo – con cui si pagava anche qualche lezione di danza. La varietà dei lavori subisce un drammatico ampliamento negli anni dell'università, scienze economiche e bancarie a Lecce. "Ho fatto un po' di piano bar", racconta, "l'investigatrice privata e la venditrice di sistemi di cottura, come i miei capi chiamavano le pentole. Una volta laureata non potevo proseguire così e ho cominciato a lavorare in un Comune, dove mi occupavo soprattutto di contabilità, senza però perdere il contatto con il mondo universitario, attraverso qualche collaborazione non retribuita".
Ma il richiamo dell'accademia era evidentemente più forte e quando all'Università di Lecce è arrivato Giorgio Fiorentini, aprendo un'area di studi sul settore pubblico, Daniela ha intravisto il modo di conciliare gli studi e la sua esperienza lavorativa e, dopo un'analisi introspettiva profonda, ha abbandonato l'impiego retribuito per gettarsi in un'avventura che ha avuto un lieto, se non immediato, fine: nel giro di qualche anno ha superato il concorso per il dottorato e poi quello per ricercatore, mettendo finalmente un piede stabile nel mondo che aveva desiderato.
"Oggi siamo così presi dalla vita quotidiana", sostiene Daniela, "che si rischia di perdere di vista se stessi. Una fiaba consente di riflettere in modo non traumatico". È per questo che, a conclusione della narrazione, il libro suggerisce un metodo di introspezione in sette fasi, che ripercorre la vicenda di Perfettino. "Proprio perché l'esperienza può essere lacerante", spiega l'autrice, "chiedo ai lettori di cominciare dai desideri materiali, che sono i più facili da esplicitare, per poi avvicinarsi per gradi alla loro autenticità. Le librerie sono piene di volumi che spiegano come realizzare i propri obiettivi, io ne ho voluto scrivere uno su come sceglierli".
La soluzione del bilancio dei desideri ("è solo uno strumento e potrebbero essercene di altrettanto buoni", spiega Preite, "ma l'importante è il percorso di introspezione") ha un fondamento nella teoria personalistica della contabilità che, nell'Ottocento, ha influenzato soprattutto la contabilità pubblica. La promessa era quella di concentrare la contabilità aziendale, o di un ente, in capo agli individui, così che il bilancio dell'impresa potesse essere la somma dei bilanci personali di chi ricopre responsabilità importanti.