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Per crescere anche le pmi devono parlare in digitale

, di Gianluca Salviotti - associate professor of practice SDA Bocconi School of Management
L'adozione delle nuove tecnologie passa attraverso piattaforme di filiera, coordinate dal settore pubblico o da nuovi imprenditori, per dialogare meglio con clienti, fornitori e partner

Escludendo le micro-imprese, nel 2017 le circa 150 mila imprese italiane con meno di 250 dipendenti e 50 milioni di euro di fatturato segnalavano un trend di crescita di ricavi e occupazione in forte ripresa rispetto agli anni precedenti . Una crescita che sembra ora rallentare nuovamente, sia nei numeri che, molto più preoccupante, nella sostanza. Sul fronte dei numeri, si evidenzia per esempio come nella prima metà del 2018 si sia fortemente ridotto il tasso di natalità di pmi di capitali, che è passato dal +8,2% del 2017 al +1,3% dei primi sei mesi dello scorso anno. Sul fronte della sostanza, i primi nove mesi del 2018 hanno evidenziato un numero di iscrizioni in calo al registro delle pmi innovative.
Meno pmi e pmi meno innovative? Sarebbe un bel problema, specie considerando che il connubio pmi-innovazione rappresenta invece il comune denominatore delle pmi italiane che crescono di più in Europa, in accordo alla recente classifica rilasciata dal Financial Times. C'è molta Italia in questa classifica (un quinto delle 1000 aziende in classifica), tanta imprenditorialità e, come dicevamo, tanta innovazione, che nella maggior parte dei casi si estrinseca nell'ingrediente più affascinante ma anche più complesso da aggiungere alla ricetta, specie per il segmento della pmi: la digitalizzazione.
Se da un lato i benefici della digitalizzazione sono ormai ampiamente dimostrati – la più efficiente gestione dei processi produttivi e collaborativi, il contributo allo sviluppo sui mercati internazionali e l'innovazione di modelli di offerta e di business – dall'altro lato le piccole e medie imprese evidenziano ancora importanti difficoltà nel conseguire i vantaggi dell'impiego di tecnologie digitali. Un problema che ha radici profonde e conosciute, a partire dai limiti intrinseci nella disponibilità di risorse, competenze e ruoli funzionali specializzati nella gestione della trasformazione digitale. A ciò si aggiungono fattori come l'inerzia organizzativa e la resistenza al cambiamento, insieme alla mancanza di fiducia e alla riluttanza a investire in tecnologie digitali, date le percezioni poco chiare dei potenziali ritorni. Senza dimenticare il ruolo svolto dalla filiera o dal settore, in particolare quando mancano le condizioni di stimolo a una trasformazione «corale» delle aziende appartenenti allo stesso comparto produttivo, come la cooperazione interaziendale, la presenza di imprese guida o lo sviluppo internazionale.
Le istituzioni pubbliche centrali e locali hanno cercato di sviluppare politiche di supporto alla digitalizzazione per superare le problematiche che caratterizzano il segmento. La maggior parte delle iniziative si è finora concentrata sul supporto agli investimenti in tecnologie e infrastrutture (per esempio hardware, software e reti), prevalentemente attraverso incentivi di tipo fiscale o finanziamenti agevolati, e, occasionalmente, sul sostegno alla formazione.

Anche se queste politiche sono state efficaci nel guidare una prima fase di transizione verso il digitale, essenzialmente confinata all'infrastrutturazione tecnologica, i risultati sembrano essere ancora limitati.
Se la digitalizzazione delle pmi a oggi rappresenta ancora un'opera incompiuta del processo di crescita del comparto, è necessario ripensare le politiche abbandonando la logica tradizionale basata sul sussidio di tecnologia e infrastrutture, per perseguire un modello di networked digitization orientato alla trasformazione digitale delle relazioni e dei processi economici condivisi. Come dimostrano i risultati di un programma di ricerca avviato in SDA Bocconi già a partire dal 2016 , le politiche dovrebbero concentrarsi sullo sviluppo e sulla diffusione di piattaforme tecnologiche di filiera, governate da soggetti pubblici o mediante nuove forme di imprenditorialità, che permettano alle pmi di interagire in maniera più efficace ed efficiente con i loro clienti, fornitori e partner, migliorando la collaborazione, la specializzazione del lavoro, la condivisione delle informazioni e la rapidità di risposta.