Contaminazioni e social, la formula del Manzoni
Festival di magia, incontri con i grandi protagonisti del foro di Milano, commedie interattive in cui gli spettatori diventano attori, grandi show per la tv e degustazioni di vini. Spostando di molto i tradizionali confini del teatro e della prosa, Alessandro Arnone, alumnus Bocconi e direttore generale e artistico del Teatro Manzoni di Milano, ha rivitalizzato la programmazione di uno tra i più importanti palcoscenici meneghini. Il teatro diventa così un nuovo luogo di aggregazione, in cui vivere un'esperienza autentica, senza la mediazione di un schermo digitale o di un social network.
Che cosa vogliono gli spettatori di oggi?
Negli ultimi dieci anni, anche a causa dello stress provocato dall'instabilità economica, le persone hanno modificato le proprie esigenze di intrattenimento e la commedia contemporanea, quella che strappa un sorriso, ha preso il sopravvento. Gli spettatori vogliono assistere a rappresentazioni leggere, ma di qualità, che affrontino tematiche attuali, in cui riconoscersi, come la famiglia, gli amori, il lavoro, il dialogo fra generazioni.
Qual è la categoria di pubblico più difficile da coinvolgere?
Sicuramente la fascia dei giovani. I ragazzi di oggi possono disporre di ogni genere di intrattenimento digitale che mette in ombra il teatro. Inoltre, sono abituati a vivere la realtà attraverso uno schermo, che sia quello della tv, dei tablet o degli smartphone. È impossibile competere con la tecnologia, ma per avvicinarli al palcoscenico bisogna partire proprio da questa sovraesposizione: il teatro, infatti, offre l'opportunità unica di vivere un'esperienza dal vivo in cui il contatto con gli artisti è diretto e non filtrato. Per le famiglie, per esempio, abbiamo definito un cartellone di spettacoli interattivi, in cui la barriera fra pubblico e attori viene completamente eliminata.
Nella promozione di un teatro, che ruolo hanno i social media?
Fino a qualche hanno fa si faceva comunicazione attraverso le newsletter, ma per coinvolgere la generazione Z è diventato necessario utilizzare i social media. Questi canali sono comunque apprezzati da tutto il pubblico in maniera trasversale e noi, al Teatro Manzoni, abbiamo investito su una persona esperta in digital marketing.
Nella programmazione del Manzoni c'è anche il cabaret: un grande classico della tradizione milanese. Oggi è ancora così apprezzato come negli anni 70?
È molto difficile ricreare il successo di quegli anni, ma il cabaret è nel Dna dei milanesi e anche chi, per questioni anagrafiche, non lo ha vissuto direttamente ne conosce il fascino attraverso il racconto dei genitori o dei nonni. Così abbiamo cercato di risvegliare l'interesse per questo genere con grandi nomi della scena italiana e alcune iniziative sperimentali come il Manzoni Derby Cabaret, un talent show della comicità abbinato a degustazioni di vini e cene. L'idea era quella di provare a superare il concetto di teatro tradizionale per offrire un nuovo luogo di aggregazione in cui vivere un'esperienza autentica: ha avuto quasi più successo la formula wine&dinner rispetto allo spettacolo in sé e questo perché il pubblico contemporaneo è sempre più favorevole alle contaminazioni.
Il Teatro Manzoni fa parte di Fininvest, come Mediaset. Quali scambi ci sono fra teatro e televisione?
È più facile che il teatro attinga dalla televisione, piuttosto che il contrario: la trasposizione di uno spettacolo teatrale in tv non ha quasi mai avuto successo. Oggi, però assistiamo a nuove formule ibride che potrebbero invertire la tendenza. È il caso del Big Show di Andrea Pucci: questo spettacolo è nato in teatro con l'obiettivo di essere trasmesso anche sul piccolo schermo, ma per far ciò è stato necessario trasformare completamente il palco del Manzoni e renderlo telegenico, richiamando le atmosfere del varietà o dei grandi show americani.
A proposito di grandi spettacoli e grandi nomi: come si costruisce un cartellone?
La formula magica è difficilissima da trovare: nel comporre un cartellone bisogna creare un buon equilibrio fra qualità estrema delle proposte e nomi di richiamo. Quando si riesce in quest'impresa, ne beneficia tutto il teatro come in un processo osmotico. Gli artisti pop, per esempio, hanno un pubblico diverso da quello della prosa, che entrando a teatro può scoprirsi interessato ad altri generi, portando numeri anche nell'ambito di programmazioni più classiche.
Alessandro Arnone
Laureato nel 1987 in Economia aziendale in Bocconi, Alessandro Arnone è entrato nel 1991 in Fininvest e dal 2013 è alla guida del Teatro Manzoni. La formazione bocconiana gli è stata utile nella gestione di alcune criticità tipiche del business teatrale, fra cui il raggiungimento del breakeven economico. In Italia, infatti, i teatri che non fanno produzioni proprie non possono accedere alle sovvenzioni pubbliche: «Per questo motivo è necessario amministrarli come se fossero delle aziende».