C'e' un collegamento tra perdita del lavoro e aborto spontaneo
Due ricercatori hanno individuato una connessione tra la perdita del lavoro di una donna incinta o del suo partner e un aumento del rischio di aborto spontaneo o decesso del feto.
Uno studio condotto da Selin Köksal (Università di Essex) e Alessandro Di Nallo (Centro di Ricerca sulle Dinamiche Sociali e le Politiche Pubbliche della Bocconi), recentemente pubblicato su Human Reproduction, conclude che sperimentare la perdita del lavoro durante la gravidanza è collegato a un rischio quasi doppio di aborto spontaneo o morte intrauterina.
I ricercatori sottolineano che lo studio osserva una correlazione tra la perdita del lavoro e una maggiore probabilità di non concludere la gravidanza, ma non stabilisce che la perdita del lavoro sia causa diretta dell'interruzione della gravidanza.
Lo studio si basa sui dati dell'indagine "Understanding Society," che ha coinvolto 40.000 famiglie nel Regno Unito dal 2009 al 2022. Il campione comprende 8.142 gravidanze per le quali c'era informazione completa sulla data del concepimento e sulll'esito della gravidanza. L'11,6% di queste gravidanze risulta essersi concluso con aborto spontaneo (947), il che potrebbe essere una sottostima perché molte gravidanze non superano il primo mese e l'interruzione può passare inosservata. Ci sono state 38 morti intrauterine, che rappresentano lo 0,5% dei concepimenti, in linea con le statistiche ufficiali del Regno Unito per le morti intrauterine.
Delle 136 donne che sono state colpite dalla perdita del lavoro proprio o del partner, 32 (23,5%) hanno avuto un aborto spontaneo e una (0,7%) ha sperimentato una morte intrauterina. Tra le 8.006 donne non colpite dalla perdita del lavoro proprio o del partner, 915 (10,4%) hanno avuto un aborto spontaneo e 37 (0,5%) hanno sperimentato una morte intrauterina.
"Le ragioni di questa associazione potrebbero essere legate allo stress, alla ridotta accessibilità alle cure prenatali o ai cambiamenti nello stile di vita," dichiara Di Nallo.
Köksal e Di Nallo hanno cominciato a collaborare sul tema quando la prima era una studentessa di dottorato alla Bocconi e stava conducendo ricerche sulla salute riproduttiva. Poiché uno degli studi precedenti di Di Nallo indica che la perdita del lavoro riduce la probabilità di avere figli, focalizzarsi insieme sulla gravidanza è stata una decisione naturale.
"Le nostre conclusioni sono importanti poiché osserviamo potenziali fattori socioeconomici, quindi evitabili, dietro la mancata conclusione della gravidanza. Tali fattori possono essere affrontati attraverso una politica efficace," dice Köksal. "Nel Regno Unito, ad esempio, la gravidanza è un periodo protetto dalla legislazione sul mercato del lavoro. Tuttavia, non vi è alcuna protezione dal licenziamento senza preavviso del partner. I legislatori potrebbero considerare l'estensione della protezione ai lavoratori la cui partner è incinta, dal momento che i nostri risultati mostrano che la stabilità del lavoro del partner è importante, per il corso della gravidanza, quanto la stabilità del lavoro della donna."
Sarà necessaria ulteriore ricerca per capire se la perdita del lavoro sia effettivamente la causa dell'aumento del rischio di non concludere la gravidanza, in un contesto in cui i dati per l'intera popolazione siano disponibili attraverso registri amministrativi. Poter esaminare l'associazione tra perdita del lavoro e interruzione della gravidanza tra i diversi gruppi socioeconomici potrebbe aiutare gli autori a capire in che modo la perdita del lavoro sia esattamente correlata a un rischio più elevato di aborto spontaneo o di morte intrauterina.
Alessandro Di Nallo, Selin Köksal, "Job loss during pregnancy and the risk of miscarriage and stillbirth." Human Reproduction, pubblicato online 27 settembre 2023. DOI: https://dx.doi.org/10.1093/humrep/dead183.