Welfare in salsa norvegese
I media italiani tornano di frequente sul fatto che le famiglie faticano a tirare avanti. La percezione generalizzata è che i prezzi stiano aumentando mentre i redditi reali e gli stipendi non riescono a tenere il passo. Questi temi sono stati sollevati anche da un recente programma di Rai Tre, Buongiorno Europa. La preoccupazione è che una porzione crescente di quella che viene tradizionalmente vista come classe media stia incontrando maggiori difficoltà ad arrivare alla fine del mese con il proprio salario. In questo contesto, il programma televisivo ha paragonato la situazione italiana a quella di altri paesi, tra cui la Norvegia. La questione centrale era se altrove in Europa la situazione fosse simile a quella italiana.
Molti diranno che un paragone con la Norvegia non è corretto: l'economia norvegese attraversa un boom, dovuto in parte agli alti prezzi del petrolio, che dura ormai da qualche anno. In realtà la comparazione tra Italia e Norvegia non è così campata in aria se si pensa che la società norvegese è molto simile a quella di Danimarca, Svezia e Finlandia. Questi paesi, a differenza della Norvegia, non hanno tratto benefici dal prezzo del petrolio, ma hanno comunque avuto successo nel promuovere forme di protezione sociale che assicurano tassi di povertà molto bassi.
Da norvegese appena trasferito in Italia, trovo interessante osservare i differenti aspetti delle due società e le diverse priorità che esprimono. Una grande differenza riguarda le politiche per la famiglia. Una percezione comune all'estero è quella della centralità della famiglia nella società italiana, costruita in gran parte attorno a forti legami familiari, che finiscono per fornire anche servizi previdenziali. Eppure una comparazione con i paesi scandinavi porta alla conclusione che la famiglia italiana non gode di grande salute e le più recenti statistiche sulla povertà non sono una lettura felice per i giovani genitori. La semplice conclusione che si può trarre dalle Statistiche in Breve pubblicate il 4 ottobre 2007 dall'Istat è che più bambini si hanno, più poveri si diventa e in alcune regioni i tassi di povertà delle famiglie con bambini sono drammatici. Si può discutere sulla validità delle statistiche di povertà, ma l'aspetto interessante di una comparazione con i paesi scandinavi è che lì la relazione è opposta: più bambini si hanno (a meno che non se ne abbiano più di tre) minore è il tasso di povertà. Questi tassi si basano su una misura relativa della povertà e non riflettono né la maggiore ricchezza dei paesi scandinavi rispetto all'Italia, né le diverse priorità. Se qualcosa si può dire, è che i politici italiani trascurano la famiglia.
L'attenzione alle famiglie con bambini piccoli è facile da vedere in un paese come la Norvegia. Per esempio, la maternità dura circa 54 settimane, durante le quali alla madre viene corrisposto l'80% del precedente salario. In altre parole, è senz'altro conveniente lavorare prima di avere un bambino. La madre ha il diritto di allungare la maternità di un altro anno, ma senza retribuzione. E comunque, entro questi due anni, ha il diritto di rientrare al proprio lavoro. La generosità del supporto finanziario legato alla maternità è un altro punto chiave. La madre riceve un assegno una-tantum di oltre 4.300 euro per ogni figlio. Dopo d'allora, ovviamente, i benefici vengono elargiti con più parsimonia.
Mentre le priorità di politica sociale sono rilevanti per comprendere le differenze negli standard di vita nei due paesi, un altro tema importante è la partecipazione femminile alla forza lavoro. Nei paesi scandinavi è tra il 75 e l'80%. In Italia è al ben al di sotto del 50% e della media Ue. Ciò implica che nella maggioranza delle famiglie scandinave ci sono due adulti produttori di reddito anziché uno. Data la bassa partecipazione femminile alla forza lavoro in Italia una maggiore porzione di famiglie ha un solo adulto produttore di reddito, il che è importante nello spiegarne le difficoltà economiche.
In quanto alla domanda sollevata da Buongiorno Europa, se anche nelle altre nazioni ci siano difficoltà a tirare avanti per via di prezzi crescenti e reddito insufficiente, il punto chiave è la forma della distribuzione del reddito. Il coefficiente di Gini dei paesi scandinavi è circa 0,25 (0 indica un'uguaglianza perfetta) ma arriva a 0,36 in Italia (con variazioni a seconda degli anni). Chiunque sia stato in Norvegia o negli altri paesi scandinavi avrà fatto esperienza di quanto siano cari. E tuttavia, al confronto, i livelli salariali non sono altrettanto alti. Però sono più ugualitari: un parrucchiere o un addetto alle pulizie non guadagnano tanto meno di un dirigente statale, per esempio. Il fatto stesso che i redditi siano simili ha l'effetto di rendere i servizi più costosi. Che piaccia o meno, l'effetto complessivo è che l'economia sta crescendo, una più larga parte della popolazione, compresa quella alla base della distribuzione del reddito, ne beneficia e la povertà e i bisogni rimangono bassi.