Contatti

Vigano', un prof alla Corte costituzionale. Sulle note di Mozart

, di Ilaria De Bartolomeis
Per lui gli studenti sono la linfa e lo specchio, i migliori giudici della plausibilita' di un'idea. E a loro ha pensato quando ha ricevuto la nomina presidenziale a giudice

Il tema è serio, complesso, controverso, insomma, uno di quegli argomenti da andarci con i piedi di piombo, ma lui lo fa sembrare semplice, chiaro, quasi scontato. Così, Francesco Viganò, 52 anni, professore ordinario di Diritto penale alla Bocconi e fresco di nomina presidenziale come giudice della Corte Costituzionale, parla di diritti umani e di doveri sociali, di democrazia e di libertà, di spinte che si contrappongono in un perfetto equilibrio. E per farlo, mette in campo Mozart, la cui musica è un'armonia che stempera i contrasti in una dimensione superiore. Come studioso dei diritti della persona, Viganò si è sempre adoperato per avvicinare la riflessione giuridica alla realtà: «Questa mia nomina è un'attestazione del fatto che la scuola di giurisprudenza della Bocconi possa rappresentare un ponte fra teoria e pratica». Il suo impegno in tal senso lo ha dimostrato anche attraverso le lezioni universitarie, in cui stimola gli studenti a partecipare attivamente al dibattito, e la rivista on line Penalecontemporaneo.it che ha fondato con l'avvocato Luca Santa Maria.
Come si tramanda il valore del diritto e della Costituzione alle nuove generazioni?
Come padre e come docente, la mia prima preoccupazione educativa è quella di riuscire a trasmettere l'idea che ogni individuo abbia anche dei doveri precisi verso il prossimo: l'articolo 2 della Costituzione è, infatti, quella norma che riconosce i diritti fondamentali e inviolabili della persona umana e, al tempo stesso, i doveri inderogabili di solidarietà verso gli altri. In particolare, per quanto riguarda mio figlio, che ha 11 anni, mi adopero perché impari il dovere di andare a scuola preparato e di impegnarsi a fondo su ciò che può fare per se stesso e per gli altri. I valori evolvono nel tempo, ma quello della solidarietà è universale e astorico. Dopo essermi battuto a lungo per portare il discorso dei diritti all'interno della giurisprudenza penale, ora, nel disquisire, mi trovo spesso a insistere sull'importanza dei doveri.
Stiamo parlando di rispetto?
L'idea di rispetto è forse riduttiva perché è legata a un comportamento di non invadenza nei confronti altrui. Credo, invece, che si tratti di un atteggiamento quasi contrario al rispetto, di partecipazione e di interconnessione con gli altri, anche a costo di risultare un po' invadenti. Ognuno di noi ha un compito nella società e nella famiglia: questo rappresenta lo stato di diritto.
In quest'epoca individualista, come si riaccende il senso di collettività e di appartenenza?
La vita non può essere solamente una corsa ad affermare se stessi, ma deve contribuire ad accrescere il grado di felicità complessiva. Questo è l'obiettivo di ciascuno di noi, anche di un padre, di un professore, di un giudice.
Come professore, qual è il suo rapporto con gli studenti?
Quando ho ricevuto la nomina presidenziale, mi sono subito chiesto come avrei fatto a vivere senza insegnare: gli studenti sono la mia linfa vitale e il mio specchio. In questi anni, ho ricevuto da loro straordinari stimoli intellettuali. Spesso, i ragazzi sono i migliori giudici della plausibilità di un'idea e quindi rappresentano un incoraggiamento.
E lei, come li incoraggia?
Cerco sempre di motivarli a fare un controllo finale sulle soluzioni interpretative, valutandole anche sul piano del buon senso e dell'umanità. Voglio condurre i ragazzi alla consapevolezza che il diritto penale sia strettamente interconnesso con i drammi umani, poiché i protagonisti di questa branca della giurisprudenza sono i deboli, che si tratti delle vittime del reato o dei condannati: questi ultimi, infatti, diventano deboli nel momento in cui vengono fatti oggetto della pretesa punitiva statale.
Lo stile delle sue lezioni ricorda un po' il metodo socratico...
Assolutamente sì, voglio suscitare un dibattito e trasmettere una visione. In aula, mi muovo continuamente, cerco di coinvolgere i ragazzi e, a volte, trascinato dall'entusiasmo, mi capita di battere loro un cinque. Una delle maggiori soddisfazioni è stata quella di sentirmi dire da alcuni studenti che, grazie alle mie lezioni, avevano trovato il coraggio di esporre in aula il loro pensiero: superando la timidezza, si erano resi conto di poter dire qualcosa di intelligente anche davanti a un pubblico. Tutto ciò è straordinario e mi ricorda un po' la mia storia.
In che senso?
Da bambino e, poi, da ragazzo ho avuto un problema di balbuzie che mi ha condizionato parecchio. Nel mio percorso, ho incontrato persone che mi hanno invitato a mettermi in gioco per poter affrontare positivamente la questione. Uno su tutti è stato il professor Giorgio Marinucci: un uomo capace di guardare alla qualità delle persone, prima che all'apparenza.
Lei forma anche i futuri giudici. Quali sono i suoi consigli?
A differenza di mia moglie che è giudice penale, io non ho mai esercitato la responsabilità del giudizio. In ogni caso, il suggerimento è quello di imparare una tecnica, interiorizzare dei principi e non dimenticarsi mai di fare appello al buon senso e all'umanità. Terenzio diceva: «Homo sum, humani nihil a me alienum puto», ossia: «Sono un essere umano, non ritengo estraneo a me nulla di umano». In questa citazione, c'è l'idea di poter riconoscere nell'imputato la stessa umanità che appartiene a chi giudica, senza però venire meno alla condanna del reato. Inoltre, non bisogna mai dimenticarsi di essere cortesi con i cancellieri, gli imputati, gli avvocati e tutte quelle persone che si incontrano nella pratica del giudizio perché il potere accompagna comunque il giudice e per questo motivo non è necessario ostentarlo.
Libertà e democrazia coincidono?
Sembrerebbe quasi un'endiadi, ma sono ispirati da logiche differenti. La democrazia assegna alla maggioranza il compito di decidere sul bene comune. Le libertà d'espressione, di coscienza, di religione, di assemblea, ossia il nucleo duro dei diritti umani, hanno la funzione di tutelare il singolo nei confronti di quel leviatano hobbesiano anche qualora esso sia rappresentato da un governo democratico. Le spinte contraddittorie fra queste due condizioni trovano un equilibrio cruciale nello stato di diritto. I giudici sono i custodi dei diritti umani e il loro compito è quello di difenderli fermamente, senza imporre eccessivamente le proprie convinzioni sulle decisioni della maggioranza; la maggioranza, a sua volta, deve rispettare certe aree di tutele incomprimibili dell'individuo. È un'armonia complessa.
A proposito di armonie, lei è un appassionato di musica...
Amo Mozart. Le sue opere sono una concretizzazione perfetta di quel «Homo sum, humani nihil a me alienum puto» citato da Terenzio. In particolare la triade italiana di Da Ponte, Le nozze di Figaro, Don Giovanni e Così fan tutte, è una rappresentazione meravigliosa dell'umanità nelle sue molte articolazioni, nella sua drammaticità e nella sua comicità. Il compositore mette in atto la ricerca continua di armonia fra i contrasti, stemperandoli in una dimensione superiore.