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Verso l'integrazione attraverso la spesa pubblica

, di Maria Antonia Panasci' - research fellw, Dipartimento di studi giuridici
Dal paradigma attraverso il diritto, che sembra essere alla base dell'integrazione europea fin dall'origine, a un nuovo paradigma fondato sull'integrazione through money' rappresentato dal piano Next Generation EU, che, per quanto temporaneo, potrebbe inaugurare una politica di coesione piu' incisiva

Tra i paradigmi fondativi dell'Unione europea quello della c.d. "integrazione attraverso il diritto" ha più di tutti catturato l'essenza del progetto europeo. La centralità del diritto quale oggetto e al contempo agente del processo di integrazione spiega l'autorappresentazione dell'UE come "ordine giuridico di nuovo genere" prima ancora che una sua identificazione in un soggetto politico nuovo. Anche nel linguaggio, del resto, quella dell'UE è stata innanzitutto un'esperienza giuridica: molti sviluppi nel processo evolutivo dell'UE sono stati sovente presentati come una necessità tecnica piuttosto che come una scelta politica. Almeno inizialmente, questioni relative alle disparità strutturali tra stati e di iniquità interne agli stati non hanno determinato il senso identitario dell'Unione. In altri termini, l'UE non è stata concepita con un esplicito mandato distributivo; o meglio, avrebbe dovuto essere il mercato a distribuire la ricchezza garantendo un progressivo avvicinamento delle strutture economiche e sociali degli Stati membri. Ad eccezione delle politiche di coesione, l'intervento dell'Unione nell'economia è stato tradizionalmente declinato in termini di regolazione piuttosto che di spesa.

L'esempio forse più eloquente di come la tecnica regolativa sia prevalsa in tutti gli ambiti del processo di integrazione, compresi quelli che mal si addicono all'apparente neutralità ideologica di tale strumento, è l'Unione economica e monetaria (UEM). La nota natura asimmetrica dell'UEM, in cui all'unione monetaria non si è affiancata un'unione fiscale, riflette una produzione ipertrofica di regole e parametrici numerici, da un lato, e l'assenza di un meccanismo di intervento centrale (pienamente redistributivo e sovranazionale, anziché intergovernativo come il MES) con effetti di stabilizzazione macroeconomica, dall'altro.

Considerato il quadro delineato, il Next Generation EU (NGEU), il piano europeo di investimenti finanziato con l'emissione di debito comune, sebbene temporaneo, si pone come un "giuntura critica" capace di generare effetti trasformativi sulla costituzione economica europea perché ha affiancato al tradizionale paradigma dell'"integrazione attraverso il diritto" un nuovo modello di integrazione attraverso la spesa pubblica ("integration through money"). L'indebitamento dell'Unione per finalità perequative, perseguite attraverso gli strumenti giuridici delle politiche di coesione, segna una torsione nell'organizzazione delle competenze dell'Unione che potrebbe permanere anche al termine del NGEU. La coesione sociale potrebbe cioè diventare il volano per una politica economica di dimensione europea in qualche modo rimediando all'incompletezza genetica dell'UEM.

Ancora più significativa poi è l'influenza che il NGEU potrebbe esercitare sulla cittadinanza sociale europea, sganciando la concettualizzazione di quest'ultima dal discorso sulla libera circolazione dentro cui si è prevalentemente sviluppata e affrancandola dal carattere escludente e libertario di cui è stata spesso tacciata. La spesa finanziata dal NGEU potrebbe inaugurare una politica di coesione più incisiva a beneficio dei cittadini rimasti ai margini del progetto europeo. Inoltre, gli oneri di contribuzione al bilancio europeo, che ricadranno indirettamente sui cittadini degli Stati membri tenuti a rimborsare il debito contratto col NGEU, conferirebbero un fondamento normativo più robusto ai blandi doveri di solidarietà tra popoli europei.
La portata innovativa del NGEU risiede forse proprio nel nuovo che deve ancora nascere.