Vento dal Sud per sospingere il settore marittimo
Il 28 aprile la regina d'Olanda ha messo la prima pietra a uno dei progetti più ambiziosi in ambito portuale nella storia d'Europa. Si tratta dell'estensione di oltre 2.000 ettari nel mare del Nord delle aree portuali di Rotterdam, attraverso il trasferimento dal fondo del mare alle banchine di 2,5 milioni di metri cubi di sabbia a settimana, per un totale di 240 milioni di metri cubi e un investimento da oltre 3 miliardi di euro. Il progetto sarà completato entro il 2013.
L'evento ha una rilevanza notevole non solo per le dimensioni economiche e la valenza transeuropea dell'intervento, essendo il punto di partenza del progetto prioritario n°24 della Commissione europea che termina a Genova, ma anche perché è la risposta più concreta alla forte crisi del settore marittimo mondiale.Il porto di Rotterdam ha registrato nel primo trimestre di quest'anno un calo dei traffici del 10%, ma nel settore container, cioè la tipologia di movimentazione a cui è principalmente dedicato il nuovo progetto, la riduzione è stata del 16%. Sulle rotte fra il Far east e l'Europa le compagnie marittime container hanno ridotto del 22% la capacità in soli sei mesi fra settembre scorso e il febbraio di quest'anno e i dati di aprile indicano in quasi 500 le navi container (circa il 10% della flotta) lasciate in rada in attesa di un carico. In questo scenario di massima incertezza e di cali tali da riportare al 2005 i valori degli scambi internazionali e la movimentazione in ambito portuale, la reazione da parte dei principali porti italiani è vittima dell'incompletezza della normativa relativa al ruolo delle autorità portuali. In questo contesto, che non permette di comprendere come finanziare le infrastrutture indispensabili per fare fronte alle nuove esigenze dei traffic, in cui i costi dei terminal portuali e della tratta terrestre incidono in maniera crescente sui costi complessivi, si deve aggiungere il continuo intervento da parte della magistratura a bloccare gli escavi dei fondali e i riempimenti necessari per ammodernare le banchine e i piazzali. Questi provvedimenti sono basati su una normativa così farraginosa e articolata che nessuna delle autorità portuali che nel corso degli ultimi anni ha tentato di avviare operazioni di dragaggio (fra le quali Taranto, Livorno, Napoli, La Spezia e Genova) è riuscita a portare a termine i lavori senza interventi da parte dell'autorità giudiziaria. In sintesi, mentre a Rotterdam si movimentano 2,5 milioni di metri cubi di sabbia alla settimana per ammodernare le banchine, nei porti italiani spostare anche solo un granello di sabbia appare impossibile perché non è chiaro chi debba pagare e quali normative debba rispettare. L'urgenza di allineare il quadro giuridico nazionale agli standard europei è evidente, anche per evitare forme di competizione distorta fra sistemi portuali. Sono, quindi, tutti negativi gli scenari per la portualità nazionale? A ben vedere un aspetto importante emerge con forza ed è tutto legato al Mare Nostrum. Infatti, le principali nazioni della sponda Sud del Mediterraneo continuano ad avere tassi di crescita economica positiva (Egitto +5%, Turchia e Israele +1,8% secondo i dati Unctad per il 2009) e a intensificare gli scambi commerciali con l'Italia, più che raddoppiati nell'ultimo decennio. Inoltre gli armatori italiani, leader europei nei traffici marittimi di tipo Ro/Ro (per mezzi rotabili) sulle brevi e medie distanze, hanno investito molto in quest'area inserendo navi di moderna concezione e aprendo sedi di rappresentanza nelle aree più rilevanti. Per completezza è bene evidenziare che le esigenze in termini infrastrutturali di questi traffici sono molto più semplici rispetto a quelli provenienti dall'Estremo Oriente, pertanto si possono "accontentare" di quanto viene offerto già adesso dagli scali nazionali. In sintesi, se c'è un segnale positivo sul radar della portualità italiana, questo proviene da più vicino di quanto si pensasse prima della crisi.