Una giovane sessantenne: la Costituzione
C'è una evidente asimmetria tra l'unità nazionale e la Costituzione: più di ottant'anni separano la proclamazione della prima dall'entrata in vigore della seconda. Eppure la Costituzione è uno dei prodotti dell'unità d'Italia e ne è, oggi, uno dei simboli più alti.
In origine fu lo Statuto concesso da Carlo Alberto di Savoia-Carignano ai sudditi del Regno di Sardegna il 4 marzo 1848, esattamente cento anni prima della Costituzione repubblicana. È una Costituzione richiesta e quasi strappata al Re. Nonostante ciò, nel preambolo si legge che lo Statuto è concesso agli "amatissimi sudditi", di "certa scienza" e di "regia autorità". Può sembrar poco, se ci si pone nella prospettiva del costituzionalismo contemporaneo. E invece è una grande conquista, che segna l'incontrovertibile tramonto dello Stato assoluto. Da quel momento, il potere non appartiene più solo alla Corona, ma è da questa condiviso con il Parlamento, sotto l'egida di una carta costituzionale. Viene, così, introdotto nell'ordinamento un principio prima sconosciuto: quello rappresentativo. La Camera dei deputati, infatti, diviene elettiva. Certo, la strada da percorrere è ancora lunga, se si pensa che l'elettorato è estremamente ristretto in base al censo e all'istruzione. E, ovviamente, riguarda solo il sesso maschile. Lo Statuto Albertino viene esteso, il 17 marzo 1861, a tutto il Regno d'Italia. È la "Legge fondamentale, perpetua ed irrevocabile della Monarchia".Da un lato, dunque, nasce per essere irrevocabile. Dall'altro lato, non è prevista alcuna norma sul se e sul come modificarlo: assume, così, un carattere flessibile, cioè modificabile e integrabile dalla legge ordinaria. Ciò gli consente di adattarsi all'evoluzione della forma di governo italiana, ma non di opporsi all'avvento del fascismo. La sua struttura flessibile e la debolezza degli attori che, in concreto, incarnano le prerogative statutarie, consentono a Benito Mussolini, senza formali fratture delle procedure statutarie, di assumere la guida del Governo, su nomina del Re, dopo la marcia su Roma del 28 ottobre 1922. Quei giorni, che vedono gravi responsabilità della monarchia, segnano l'inizio della fine dello Statuto, il cui contenuto di garanzia viene progressivamente eroso dall'interno con i provvedimenti adottati dal fascismo. Si giunge così, anche per il tramite di una legge elettorale che consente a Mussolini di occupare la maggioranza dei seggi parlamentari, a cancellare il principio di rappresentanza e le (pur incomplete) garanzie per le quali lo Statuto Albertino era stato concesso. Servono più di vent'anni, e migliaia di morti, per rivedere la luce. È un percorso complesso e doloroso, cominciato nella notte tra il 24 e il 25 luglio del 1943, quando il Gran Consiglio del fascismo approva l'ordine del giorno Grandi, con il quale invita il Re a riassumere tutte le prerogative statutarie. Seguono anni di incertezza che portano l'Italia sull'orlo della guerra civile e che si concludono solo il 2 giugno del 1946, con l'elezione dell'Assemblea costituente e la scelta della Repubblica.Così nasce, nemmeno due anni dopo, la Costituzione italiana. Un patto costituente, un documento che risente degli influssi delle forze che liberarono l'Italia dal fascismo. Un'alchimia che ha consentito, almeno fino ad oggi, oltre sessant'anni di convivenza civile e pacifica, di crescita economica e di integrazione sociale. Una Costituzione da conoscere e da proteggere, dunque. Tra i molti principi che la Costituzione esprime, merita qui di essere ricordato quello autonomista. Il Costituente ha disegnato un articolato sistema di governo multilivello, anticipando una tendenza divenuta di "moda" nel costituzionalismo di fine Novecento. I giorni presenti sono contrassegnati dal costante dibattito, non sempre consapevole, sull'esigenza di rafforzare ulteriormente le ragioni dell'autonomia, traghettando il Paese verso un improbabile federalismo. Proprio la ricorrenza dei 150 anni dell'unità d'Italia, però, porta a sottolineare come, per espressa previsione costituzionale, ogni ulteriore riforma debba comunque garantire l'unità e l'indivisibilità della Repubblica.