Un remake della Guerra Fredda?
Il recente G20 di Bali, in Indonesia, è stato un vertice molto atteso, che ha coinvolto in prima persona i due leader delle superpotenze incontrastate del mondo. Il semplice fatto che un tale incontro faccia a faccia tra il presidente statunitense Biden e il leader cinese abbia suscitato grandi speranze emotive è una conferma dello pessimo stato delle relazioni tra i due Paesi. Dopo anni di tensioni, reazioni e controreazioni, queste relazioni sono ora sull'orlo di un pericoloso collasso. Per non parlare del fatto che le due maggiori economie mondiali sono già in guerra - una guerra combattuta, per il momento fortunatamente, con mezzi diversi da quelli attualmente impiegati da Vladimir Putin. Ma comunque una guerra cruda che mira a contenere l'avversario economicamente e tecnologicamente.
Tensioni e vertici riportano al nostro presente un'altra fase della storia recente del mondo, caratterizzata ancora una volta dal confronto tra le due superpotenze, uscite dalla Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica.
I parallelismi storici sono allo stesso tempo affascinanti ma anche pericolosi, soprattutto quando vengono utilizzati per fare strategia nel campo delle relazioni internazionali. La domanda è comunque affascinante: gli Stati Uniti e la Cina si stanno impegnando in una nuova guerra fredda?
La Guerra Fredda che si è conclusa nel 1989 è stata un conflitto, anche se di natura molto particolare. È stato un confronto sia ideologico che geopolitico. Ideologico perché si trattava di una lotta tra due visioni opposte del mondo, una capitalista liberale e una socialista egualitaria. Geopolitico perché, data l'impossibilità di un confronto diretto portato dal deterrente nucleare, lo scontro si è trasposto nella "conquista" di "spazi" fisici e metafisici, regni di controllo e territori di potere. Questi includevano le nuove nazioni povere emergenti dal processo di decolonizzazione, lo spazio, ma anche lo sport, il cinema, l'arte e, non ultima, la musica pop.
In definitiva, la Guerra Fredda che seguì il secondo conflitto mondiale si concluse con un "pareggio", un equilibrio a lungo termine, che durò fino al crollo di uno dei due contendenti, in gran parte (anche se non solo) per la sua intrinseca debolezza economica. In una certa misura, è persino legittimo dire che entrambi gli avversari avevano bisogno anche del proprio nemico, in gran parte per ragioni di coesione politica interna.
Quello in corso tra Stati Uniti e Cina è, ancora una volta, un confronto "freddo"; nonostante i progressi tecnologici nella produzione di armamenti nucleari, una guerra non convenzionale tra superpotenze rimane fortunatamente nel regno dell'impossibilità - in particolare per due Paesi che mirano a raggiungere un ruolo di leadership nella politica mondiale. Come già accaduto in passato, questa nuova Guerra Fredda mira chiaramente al controllo dei territori e degli "spazi di potere", con lo scopo di "contenere" e limitare la portata e le capacità dell'avversario. Sia spazi fisici, soprattutto attraverso l'uso del soft power e della tecnologia, ma anche, ancora una volta, ferocemente ideologici.
Naturalmente, non si tratta più di un confronto tra democrazie liberali capitaliste e universalismo socialista. La lotta è tra due ricette opposte per il benessere e lo sviluppo, una basata sulla democrazia e sui valori liberali e un'altra che vede nel governo autocratico il modo migliore per gestire le immense sfide che il futuro riserva all'intera umanità. La regola dell'uomo solo che Xi sta imponendo alla Cina va chiaramente nella direzione di minimizzare i costi dei dibattiti interni quando il Paese sta lottando per riconquistare una centralità nello scenario mondiale persa quasi due secoli fa, quando la prima guerra dell'oppio diede inizio al lungo "secolo di umiliazione" della Cina.
Quindi, cosa rende questo confronto una "vera" Guerra Fredda, anche se unica? Questo può essere meglio compreso non guardando alle dinamiche del confronto, ma a ciò che rende questo confronto permanente. La guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica è diventata un conflitto duraturo una volta raggiunto uno stallo nel campo della geopolitica. Questo stallo è stato causato sia dal deterrente nucleare sia da un equilibrio che è stato raggiunto innanzitutto in Europa, simbolicamente con la sua definitiva divisione con la costruzione del Muro di Berlino. Il presente mostra una differenza fondamentale: si svolge in uno spazio economico veramente globalizzato. Sia l'incumbent che lo sfidante sono oggi inestricabilmente legati da una fitta rete di legami economici, costruiti nel corso degli ultimi quattro decenni. Nonostante i passi (principalmente occidentali) in questa direzione, "disaccoppiare" comporterebbe, al momento, un enorme sforzo, tempo e volontà politica. Questo, ovviamente, sarebbe relativamente facile in alcuni casi e in alcuni settori specifici (ad esempio, quelli principalmente legati alle forze armate o alle attività strategiche, dove lo scontro tra le due potenze è oggi più acceso), ma quasi impossibile, anche nel medio e lungo periodo, in altri, in cui le fitte catene del valore che legano le due economie non possono essere rapidamente interrotte senza danneggiare drammaticamente ampi settori delle economie dei due Paesi.
In altre parole, l'unicità dell'attuale confronto tra Stati Uniti e Cina è che, nonostante le radicali differenze ideologiche e gli attriti geopolitici (soprattutto nel Pacifico e su Taiwan), è probabile che un equilibrio di lungo periodo si realizzi ancora nella sfera economica, prima che in quella geopolitica, come è accaduto nel caso USA-URSS.
Non a caso, a Bali entrambi i leader hanno concordato sforzi di cooperazione nelle aree delle pandemie, delle politiche per affrontare il cambiamento climatico e delle perturbazioni economiche - in pratica tutti i potenziali ostacoli al buon funzionamento dell'economia globale - la migliore dimostrazione che un equilibrio geoeconomico (più che geopolitico) sotto forma di dipendenza reciproca è un vincolo dominante, in nome della convenienza (se non del rispetto) reciproca.