Un corpo perfetto. E senza pensarci
Il numero di giovanissime che subiscono interventi di chirurgia estetica è in costante crescita in tutto il mondo da almeno dieci anni. È inevitabile attribuire una parte della responsabilità ai media, colpevoli di un bombardamento di messaggi inneggianti alla magrezza e a un'idea di bellezza innaturale: immagini di corpi femminili perfetti (e lontani, sciaguratamente, da quelli normali delle donne normali) sono dappertutto, nelle serie televisive, nei programmi di intrattenimento, nella pubblicità (dalle automobili al cibo).
Al di là del buon senso, vi sono numerose evidenze empiriche dell'influenza che i modelli estetici proposti dai media esercitano sul target delle adolescenti o delle ragazze appena più grandi. Innanzitutto la pressione dei mezzi di comunicazione agisce sugli antecedenti cognitivi, documentati da molte ricerche, della domanda di trattamenti chirurgici di natura estetica: l'ideale di corpo cui le giovani aspirano, il livello di insoddisfazione per il proprio aspetto e l'autostima. L'autopercezione del corpo fluttua in funzione dell'agenda-setting dei mass media; in pratica, caratteristiche fisiche, proporzioni (o sproporzioni) esaltate ovunque e ripetutamente diventano standard ai quali si avverte il bisogno di allinearsi. Molte ricerche hanno dimostrato che la rappresentazione irrealistica delle donne nei media (le modelle sono più magre del 95% delle americane) impatta negativamente e significativamente sulla capacità di apprezzarsi e accettarsi, al punto da poter essere considerata a tutti gli effetti corresponsabile dello sviluppo di disturbi dell'auto-immagine e patologie alimentari. Già a 11-12 anni le ragazze manifestano una maggiore delusione per il proprio corpo e desiderano una figura più snella dopo aver visto programmi televisivi che implicitamente suggeriscono ideali di magrezza estrema.In secondo luogo, la sovraesposizione mediatica di certi argomenti – l'importanza, quasi la necessità, di essere belle, esili e senza una ruga – è in grado di condizionare, soprattutto nelle giovani, la percezione della chirurgia estetica e dei relativi risultati. Da uno studio condotto negli Stati Uniti su 600 studentesse del college è emerso che il 60% di loro sarebbe disposto ad affrontare nella propria vita un intervento per migliorarsi. La costante ripetizione di determinati stereotipi alla lunga li fa introiettare come reali e raggiungibili: sottoposte a campagne pubblicitarie contenenti vari tipi femminili, ragazze delle scuole superiori non riconoscono affatto come pericolose le immagini di donne eccessivamente magre o formose, tanto sono assuefatte a quei modelli, mentre ritengono dannose le immagini di donne che fumano o di donne rappresentate come oggetti sessuali. Ci si mettono poi i reality dedicati alla chirurgia estetica, l'ultimo fenomeno televisivo, grazie ai quali anche gli interventi più invasivi (liposuzione, mastoplastica, aumento delle labbra) finiscono per essere visti come una cosa accettabile, a basso rischio, un mezzo abbastanza comune per correggere i propri difetti e, in definitiva, essere più appagati dalla propria vita. Inquietante, secondo quanto risulta da un'indagine su studenti di entrambi i sessi, è il fatto che la visione frequente di questi reality riesca a generare istintivamente l'interesse e addirittura il desiderio di sottoporsi a tali trattamenti senza toccare la sfera cognitiva, quindi le convinzioni in merito alla loro opportunità. Un corpo perfetto lo si vuole e basta, non bisogna per forza trovare una ragione.