Un business irrazionale quanto l'arte
Il rapporto tra arte e finanza è oggi al centro di innumerevoli convegni, forum e rubriche di giornali finanziari; addirittura in tutte le maggiori università sono stati attivati corsi di laurea e master specialistici che mirano alla formazione di figure professionali legate al business dell'arte.
Controverso è invece il giudizio sulla tendenza a trasformare l'arte in business; tendenza che parte dalle tecniche di marketing spesso applicate alla promozione di artisti e delle loro opere, fino ad arrivare alla creazione di fondi di investimento in arte. La differenza fondamentale tra queste due posizioni è incentrata sugli effetti che questo avvicinamento tra arte e finanza avrà sul futuro della creazione artistica. L'arte, infatti, nasce per esprimere un'emozione, una sensazione, qualcosa che fa parte della sfera intima dell'animo umano e non per soddisfare le mode del momento. Il timore più diffuso è che lo sviluppo di un mercato dell'arte, dove avvengono sempre più spesso scambi milionari, possa determinare un'influenza negativa sulla produzione artistica.
Il mercato dell'arte è un luogo di incontro di figure che vi si affacciano per soddisfare bisogni molto diversi. Un estremo è rappresentato dai collezionisti che per anni comperano arte per soddisfare un bisogno interiore, sulla base delle proprie emozioni, dei propri gusti e delle proprie passioni. All'estremo opposto vi sono i fondi di investimento: in questo caso il bisogno da soddisfare è di tipo economico-finanziario. L'opera d'arte va acquistata, alla stregua di una qualunque altra attività finanziaria, solamente se si ritiene che potrà essere rivenduta in futuro traendone un guadagno.
Tra i collezionisti puri e i fondi di investimento in arte si collocano numerosissimi altri soggetti, ad alcuni dei quali si rivolgono, per esempio, i servizi di art advisory delle banche. In questo caso la decisione su quali opere acquistare è affidata a esperti e magari, in casa, a rotazione, sono tenute solamente alcune delle opere, mentre le altre sono date in leasing per farle rendere.
Si parla molto di evoluzione del mercato dell'arte verso modelli di maggiore efficienza e trasparenza, c'è addirittura chi auspica che in futuro tutto il mercato dell'arte si trasferisca in rete. Il mercato dell'arte però non risponde alle teorie economiche tradizionali, in quanto la maggior parte degli investitori non vede l'arte come una semplice attività finanziaria. Gli asset under management dei fondi o dei cosiddetti investors club (società costituite con l'obiettivo di investire in arte, anche se non necessariamente nella forma di fondo) rappresentano, infatti, molto meno dell'uno per cento del mercato.
L'impatto dei fondi sui prezzi espressi dal mercato è pertanto trascurabile. I collezionisti, d'altro canto, tengono le opere d'arte in media per trenta anni e le ragioni principali che spingono alla vendita sono le cosiddette tre D (decesso, debito e divorzio) e non la semplice realizzazione di un profitto.
Forse una cornice teorica più adatta al mercato dell'arte è quella della finanza comportamentale, che individua la causa delle inefficienze dei mercati finanziari nella diversità dei comportamenti degli investitori.
Le persone, e tra loro gli investitori finanziari, non sono totalmente razionali. Le decisioni sono spesso influenzate da: distorsioni cognitive, ad esempio, il bias del senno di poi, per cui i risultati raggiunti vengono presi come punto di riferimento, e si assume che le aspettative iniziali debbano essere state molto vicine ai valori effettivamente ottenuti; distorsioniemozionali, ad esempio, in un contesto di gruppo gli individui tendono ad abbandonare le proprie certezze e le proprie inibizioni e sono portati a condividere le emozioni comuni, fino a compiere azioni estreme, che da soli non avrebbero mai preso in considerazione.
Queste distorsioni determinano inefficienze e quindi anomalie nei prezzi.
I protagonisti del mercato dell'arte sono sicuramente ancora più eterogenei degli investitori sul mercato finanziario: l'acquisto di arte soddisfa bisogni profondamente diversi ed è proprio la complessità la caratteristica principale di questo mercato.L'efficienza pare quindi un obiettivo impossibile e forse non necessariamente non auspicabile. È importante invece un approfondito confronto sulla possibilità di istituire dei meccanismi che tutelino il mercato dalla manipolazione di pochi soggetti a danno di altri.