Tenacia e perseveranza: le armi di Cristina nel mondo dell’energia
“Non ho avuto molto tempo per decidere che cosa fare nella vita: subito dopo la laurea mi sono trovata coinvolta giocoforza nell’azienda di famiglia e qui sono rimasta. Non ha senso chiedersi quali strade avrei seguito se non fosse andata così, sono comunque molto soddisfatta perché ho vissuto tante esperienze e tante sfide diverse, tutte all’interno della stessa realtà”. Titolare e presidente del gruppo Enercom, Cristina Crotti riflette così sugli esordi del suo percorso professionale, cominciato a soli 23 anni e fresca del diploma di laurea in Mercati e intermediari finanziari ottenuto in Bocconi, affiancando il padre Domenico, già malato, alla guida dell’utility lombarda. “Avevo insistito io per iscrivermi in Bocconi perché volevo respirare un’aria nuova rispetto a quella di Crema, dove sono nata e avevo studiato fino al liceo. Cercavo nuovi stimoli, e li ho trovati; ma soprattutto ho ricevuto una lezione di metodo, un modello di ragionamento utile per affrontare tutte le sfide, anche quelle della quotidianità. L’esperienza in università mi ha rafforzato anche dal punto di vista caratteriale e mi ha dato una consapevolezza che poi è risultata determinante per affrontare tutto quello che è seguito”.
Gli esordi in mondi quasi tutti al maschile, come quello dell’energia e, successivamente, delle banche, non sono stati facili. “Mio padre ha voluto che entrassi in azienda partendo dal livello più basso, come centralinista, e assumessi a poco a poco responsabilità sempre maggiori”, continua l’imprenditrice. “È stato un tirocinio utilissimo, seppur breve, e gestito in modo intelligente: mio papà mi seguiva, mi osservava a distanza, lasciava che mi esprimessi e infine che decidessi. È un atteggiamento che ho fatto mio anche dopo che lui è mancato, quando mi sono trovata ad avere la guida della società e avevo bisogno di farmi accettare prima di tutto all’interno. Quando mi trovo in contesti di questo tipo, adotto la stessa tattica di allora: osservo, sto molto in silenzio, e quando mi sembra il momento giusto esprimo la mia opinione. Mi sono resa conto negli anni che questo modo di pormi genera fiducia nelle controparti e negli interlocutori; se sei in grado di argomentare è più facile essere considerata per quello che dici e non per chi sei ed essere rispettata di conseguenza. Per me è stato fondamentale riuscire in questo obiettivo perché, all’inizio del mio percorso, la nostra era una realtà familiare, poco managerializzata, e ho dovuto avviare un percorso di strutturazione che integrasse le forze interne con nuove professionalità”.
Ad ascoltarlo così, quella di Cristina Crotti, sembra innanzitutto un grande esempio di coraggio, ma lei stessa corregge questa definizione: “Se penso a com’ero da giovane, non mi posso definire una coraggiosa. Mi riconosco piuttosto una grande tenacia. E il merito di non aver avuto paura neanche nei momenti più difficili. Qualcuno mi definirebbe testarda, io preferisco dire perseverante. In parte, mi ha aiutato anche una certa inconsapevolezza: per esempio non mi ero mai posta il problema se essere donna fosse un elemento di forza o di debolezza perché ritenevo, e ritengo tuttora, che contino le persone, le loro competenze e il loro merito. Per questo non sono amante delle quote rose, anche se riconosco che, senza questi vincoli, le donne non avrebbero mai potuto mettersi alla prova in certi ruoli. Non bisogna abusarne, però, né farle diventare una moda”. Un principio che, a parti invertite, vale anche nell’organizzazione familiare. “Non avrei mai rinunciato a crearmi una famiglia e ad avere dei figli”, conclude. “Ma occorre che sia un obiettivo di coppia. Anzi, crescendo, anche i figli devono diventare parte attiva del progetto e comprendere che, se i genitori lavorano, devono assumersi alcune autonomie prima degli altri”.