Stradivari
Il violino è figlio diretto, legittimo, di mamma viola. Il nome di questa genitrice non ha nulla a che vedere con il colore tanto vituperato dai teatranti perché ritenuto portatore di jella. Viola parrebbe derivare dal latino medioevale vitula, da vitulari, che significa ballare, gioire, "sgambettare come fa il vitello" (vitulus). Fu un italiano, tale Testori o Testatori il Vecchio, intorno al 1450, a far nascere dalla viola un figlio maschio. Il Testori, "avendo dato miglior forma e ricavato da una piccola violina o violetta una sonorità bella e maestosa, volle dare a questo miracolo di arte un nome mascolino", appunto il nome di violino.
Ogni grande artefice di violini serbava gelosamente il suo segreto. Gerolamo Amati, Jacobus Steiner, Giuseppe Guarnieri, tanto per ricordare i patriarchi, avevano saputo imprimere ai loro violini la propria cifra, il proprio segreto costruttivo, il proprio personalissimo stile. La virtù di questi grandi liutai fu di aver saputo infondere a ogni strumento da loro costruito un'identica compiutezza, come se fossero stati fatti in serie. Antonio Stradivari cercò di trovare una strada diversa, tutta sua. Il piccolo Antonio venne mandato a bottega da Nicola Amati, insigne liutaio di Cremona. Poi giunse il momento di compiere il passo di aprire una liuteria a proprio rischio e a proprio nome. Il primo Stradivari risalirebbe al 1666. Due anni prima il ventitreenne Antonio aveva sposato Francesca Tiraboschi, una avvenente donna rimasta vedova. Il marito della bella Francesca, Giacomo Capra, in un giorno di grande calura, si era precipitato fuori di sé in piazza sant'Agata e lì, mentre la gente di Cremona si affacciava alle finestre per vedere cosa stesse succedendo, si infilò un archibugio in bocca e si fece saltare la cervella. La moglie sopraggiunse correndo e cadde affranta sul corpo del marito, distrutta dal dolore e, probabilmente, oppressa da qualche oscuro senso di colpa. Antonio fu tra coloro che assistettero a quel tremendo spettacolo. Il giovane garzone della bottega Amati era attonito, ma rimase sorpreso nel rendersi conto che il sentimento prevalente che provava non era di orrore, ma di una violenta, irresistibile attrazione per quella donna scarmigliata, piangente, discinta, con i capelli sciolti sulle spalle. Le fece la corte e dopo tre anni la sposò. Francesca diede al marito cinque figli e poi, a sessanta anni, morì. Antonio rimase vedovo per poco: si sposò con Antonia Zambelli e da lei ebbe altri quattro figli. Nella sua lunga vita (l'ultimo violino fu "fatto de anni 94"), il grande liutaio creò numerosi capolavori, ciascuno dei quali, come fosse una persona che respira, ricevette un nome, un'identità: "Ernst", la "Pulcella", il "Viotti", il "Vieuxtemps", il "Parke", il "Delfino", l'"Allard", il "Sasserno", il "Maurin", il "Lauterback", il "Messia". E tra i violoncelli (di perfezione assoluta): l'"Aylesford", l'"Archinto", il "Duport".Sembra che Stradivari, tra violini, viole e violoncelli, abbia creato 1.116 capolavori, sparsi oggi per il mondo. Ogni violino da lui costruito ha in comune con gli altri lo stesso inconfondibile suono: sovrano, nobile, pastoso, un po' nasale. Ma ogni Stradivari, dal punto di vista della tecnica costruttiva (scelta e spessore del legno, vernice, essiccatura, dimensioni, incurvatura della chiocciola) è una invenzione continua. A differenza degli Amati, degli Steiner, dei Guarnieri, dei Bisiach, ogni Stradivari, pur essendo della stessa mano, è diverso da tutti gli altri.