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Siamo stati piu' guardiani che innovatori

, di Gianmario Verona - ordinario presso il Dipartimento di management e tecnologia
In questi trent'anni di world Wide Web, l'Europa ci e' concentrata soprattutto sulla difesa degli utenti, ma ha un po' perso la corsa per creare big tech come le americane e cinesi che dominano il mercato digitale

Esattamente trenta anni fa il protocollo internet diventava ufficialmente aperto e si trasformava nel World Wide Web, dischiudendo così definitivamente alla quarta rivoluzione industriale. Da allora, le stringhe di 0 e 1 dei bit si potevano propagare e, così facendo, trasformavano quella conoscenza "isolata" di computer e delle macchine da calcolo nell' "oceano informativo" in cui oggi quotidianamente navighiamo.
Non che prima del 1993 le telecomunicazioni non si fossero incrociate con il digitale. Il primo esperimento data 1969 – un messaggio inviato su ARPANET dal professor Kleinrock da UCLA allo Stanford Research Institute di computer science. Ma per diversi lustri la rete rimase fondamentalmente chiusa e inaccessibile, finalizzata per lo più a progetti legati al mondo della difesa.
Ci volle il protocollo HTTP di Tim Berners Lee del CERN nel 1991 per creare uno standard impiegabile agevolmente dagli utenti di computer di tutto il mondo. E la conseguente decisione saggia del CERN di rendere nel 1993 la rete pubblica per consentire la comunicazione tra macchine in tutte le parti del globo.
Da allora il mondo è cambiato.

Le big tech sono diventate le aziende che governano l'economia e la guerra fredda 2.0 non si combatte più con minacce nucleari tra USA e USSR, ma con minacce a base di dati ed intelligenza artificiale tra USA e Cina.
Cosa ha fatto l'Europa in questi trenta anni, dopo aver contribuito a creare la rete?
Partiamo con il constatare che ha purtroppo perso la "R&D race" per creare big tech all'altezza delle americane FAANGM (Facebook/META, Apple, Amazon, Netflix, Google, Microsoft) e delle cinesi BAT (Baidu, Alibaba, Tencent). Ha chiaramente anche perso la corsa alla produzione di chip che vede la leadership globale di TSPM (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company) con 1,6 trilioni di dollari di fatturato.
E non è riuscita a replicare cluster come la Silicon Valley o a inventarsi progetti come la "Greater Bay Area" cinese che collega le città di Hong Kong e Macao con nove città della provincia del Guangdong – comprese le megalopoli di Shenzhen e Guangzhou. Cluster in grado di sfornare startup digitali che si trasformano in unicorni e che contribuiscono a PIL e occupazione, creando i nuovi lavori del mondo digitale.
Forse, però, proprio perché continua a rappresentare un mercato immensamente importante dal punto di vista della domanda, è riuscita a prestare attenzione ai suoi utenti.

Sia continuando a innovare nella infrastruttura della rete – in Europa la qualità di ricezione dei dati e il loro costo è invidiabile in altre parti del mondo – sia prestando particolare attenzione alla regolamentazione della quarta rivoluzione industriale. A partire dall'e-Commerce Act del 2000, appena rivisto nel Digital Service e Market Act, che mira a regolare l'operato degli attori coinvolti nella produzione di servizi digitali, dal retail alle news. O all'influente GDPR act dal Maggio 2016 che è diventato un riferimento globale per proteggere dall'abuso nell'impiego di dati, come gli scandali à la Cambridge Analityca ci hanno dimostrato. Fino al più recente AI Act in fase di finalizzazione della legge dopo la proposta di Consiglio Europeo e Commissione Europea. Ci sono tante aspettative su quest'ultimo alla luce dell'intrusività nella nostra privacy che l'Ai generativa di ChatGPT e i suoi gemelli stanno dimostrando di avere. Bene, quindi, che l'Europa si erga a difesa degli utenti in questo momento evolutivo. Ancora più bello sarebbe poter constatare che ci fosse un'attenzione altrettanto dedicata alla produzione di startup sul fronte dell'intelligenza artificiale e dei computer quantistici che rappresentano la nuova base di crescita della prossima rivoluzione industriale. Di quest'ultima siamo solo ai blocchi di partenza e, grazie alla base accademica robusta nel mondo del calcolo computazionale che abbiamo in Europa, siamo ancora almeno in grado di partecipare alla gara della nuova R&D race.