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In ricordo di Spadolini, timoniere della Bocconi

, di Silvia Torretta
Testimonianze sullo studioso, il giornalista e il politico

Per tracciare il ritratto di una personalità poliedrica e sfaccettata come quella di Giovanni Spadolini si rende necessario il contributo di voci diverse. Diverse come gli interessi e gli ambiti in cui il senatore a vita lasciò un solco profondo nel corso della sua attività.
L'Università Bocconi, di cui Spadolini fu Presidente dal 1976 al 1994, la Fondazione Corriere della Sera e la Fondazione Spadolini Nuova Antologia hanno voluto condividere esperienze e ricordi il 20 settembre, nell'Aula Magna dell'Università, in occasione del 10° anniversario della scomparsa dello statista, con il convegno "Giovanni Spadolini. Ricordi e testimonianze sullo studioso, il giornalista e il politico". Tre sessioni di interventi, distinte ma complementari, per comporre il percorso di Spadolini nei molteplici ruoli ricoperti durante la sua vita.

Carlo Secchi, anfitrione della giornata, ha salutato, oltre alla famiglia Spadolini, una platea gremita di personalità del mondo delle istituzioni e del giornalismo.
Il rettore ha citato il vivo interesse di Spadolini per l'innovazione e in particolare per le nuove iniziative che la Bocconi metteva a punto. "La sua memoria è ancora viva in Bocconi e non solo in chi ha avuto la fortuna di lavorare con lui, ma anche nei giovani, che abitano nella via e nella nuova residenza studentesca a lui intitolate, a pochi passi dal parco Ravizza".

A Mario Monti, presidente della Bocconi, il compito di introdurre i primi interventi, che hanno rievocato il lungo magistero di Spadolini in Bocconi. "Dal canto mio, ho impressi tre momenti – ha ricordato Monti - : i suoi sforzi per rassicurare gli economisti bocconiani, sconfortati dopo la scomparsa prematura, nel 1985, di Innocenzo Gasparini; il suo entusiasmo per il lancio di nuovi programmi formativi, in particolare del Corso di laurea in Economia delle amministrazioni pubbliche e delle istituzioni internazionali; il suo incoraggiamento, nei miei confronti, ad assumere gli incarichi presso la Commissione europea".

Luigi Guatri, l'allora consigliere delegato, affiancò Spadolini presidente nell'attività di gestione dell'Università, condividendone la costante esortazione "all'ottimismo e alla volontà di fare". Piero Bassetti e Roberto Mazzotta, membri del consiglio di amministrazione della Bocconi in quegli anni, hanno sottolineato da un lato la fermezza di Spadolini nei momenti dell'impegno e della presa delle decisioni, dall'altro la sua idea che la Bocconi dovesse essere "parte del cervello di Milano" e svolgere un ruolo di "integratore" orizzontale tra mondi, linguaggi e saperi diversi e spesso lontani anche geograficamente. "Il presidente dell'Università è colui che tiene la barca e stabilisce dove andare: Spadolini lo faceva da grande timoniere, con colpi di barra soffici, senza far mai sentire gli spostamenti di rotta, che pure c'erano eccome" ha chiosato Mazzotta.

Giuliano Urbani, Ministro dei Beni Culturali - dicastero creato proprio da Spadolini nel 1974 - ha concluso la mattinata ricordando in particolare la fermezza con cui volle riportare in Bocconi gli studi politici e sociali.
Ma Spadolini non fu solo uno studioso e un abile amministratore: fin dal 1948 infatti iniziò una prospera attività giornalistica, collaborando con numerose testate, come ha dettagliatamente illustrato Cosimo Ceccuti, presidente della Fondazione Nuova Antologia e suo carissimo amico. Fino all'incarico di direttore del Corriere della Sera, dal 1968 al 1972.
"In realtà Spadolini fu direttore del Corriere molto tempo prima di varcare il portone di via Solferino" ha raccontato l'attuale responsabile, Stefano Folli "Considerava infatti il Corriere della Sera il baricentro del suo impegno pubblico, il punto di equilibrio dei valori e delle virtù repubblicane, il luogo di incontro delle sue tre diverse anime."
Secondo Spadolini la direzione del quotidiano milanese doveva svolgersi sempre in un clima di "accigliata indipendenza verso il potere politico" e mantenne questa separazione di ambiti anche quando, diventato Presidente del Consiglio, badò a non limitare né interferire in alcun modo nella sfera di autonomia del giornale.

Al giornalista e scrittore Luca Goldoni, che proprio sotto la direzione di Spadolini fu lanciato come inviato speciale del Corriere, il compito di ricordare il lato più ironico e più umano del senatore. Attraverso gustosi e spassosissimi aneddoti relativi agli anni di redazione trascorsi insieme, Goldoni ha evidenziato la generosità dell'uomo accanto all'intuito e al rigore del professionista. "Tante volte mi sono chiesto che cosa ci unisse – ha confessato Goldoni - e sono arrivato alla conclusione che ci univa un principio della fisica: gli opposti si attraggono. Io ero affascinato dalla sua cultura ma soprattutto dalla disinvoltura con cui la snocciolava, lui probabilmente era attratto dalla mia capacità di osservare la quotidianità e di comunicarla con un linguaggio semplice".
Piergaetano Marchetti, presidente di RCS Quotidiani e docente di Diritto commerciale alla Bocconi, ha concluso la seconda serie di testimonianze: ""Spadolini sviluppò il Corriere come un'istituzione tra le istituzioni e nel suo primo commiato lo descrisse non solo come un grande quotidiano ma come un'istituzione laica e democratica e ne fece un giornale libero e aperto, disponibile al dialogo. Il primo fondo, infatti, fu intitolato 'Dialogo' e invitava i partiti alla correttezza nei loro rapporti". Un tema, quello del dialogo, ricorrente nei suoi fondi, così come la difesa della libertà di stampa e del pluralismo effettivo e democratico.

L'ultima sessione della giornata si è focalizzata sul rapporto di Spadolini con Milano, città speciale e sempre amata, da cui partì la sua esperienza politica con l'elezione al Senato nel 1972. Antonio Del Pennino, vice segretario del Partito Repubblicano Italiano negli anni della segreteria di Giovanni Spadolini, ha detto infatti che "se Firenze era la sua città di nascita e la sua patria del cuore, Milano era la sua città d'adozione e la patria della ragione, come amava dire. Se Firenze rappresentava 'quella certa idea dell'Italia', Milano era, per Spadolini, 'quella certa idea dell'Europa". Un'idea stendhaliana di Milano, dove si impara a "pensare europeo", appunto. E dove Spadolini stabilì duraturi rapporti di amicizia, soprattutto negli ambienti intellettuali ed editoriali di quella che, negli anni '50, era considerata la capitale italiana dell'editoria, come emerge dal racconto appassionato di Arturo Colombo, giornalista e scrittore.
Il vice presidente della Fondazione Cariplo, Carlo Sangalli, era parlamentare negli anni in cui Spadolini sedeva in Senato e condivideva con lui e altri politici la sistemazione all'Hotel Nazionale di Roma. "Con Spadolini le chiacchiere serali tra parlamentari si trasformavano in vere e proprie lezioni", ha ricordato, "tenute da un uomo che dimostrava di comprendere tutta la complessità della politica e riusciva a spiegarla con chiarezza a chiunque. In questo, rappresentava al meglio lo spirito ecumenico e pratico di Milano".

Spadolini ricoprì la carica di consigliere comunale, a Milano, negli anni in cui era sindaco Carlo Tognoli, che ha ricordato come la sua prima preoccupazione, appena insediato, fu per un'istituzione culturale come l'Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI), che attraversava un momento economicamente poco felice.
"Milano ha la peculiarità di attirare e premiare chi dimostra di saper fare", ha concluso i lavori l'attuale sindaco, Gabriele Albertini. "Spadolini fa parte di questa schiera di talenti e ha raggiunto le massime posizioni in due delle istituzioni più milanesi che esistano, il Corriere della Sera e l'Università Bocconi. Il Corriere, per lui, incarnava il laicismo come cultura critica, la Bocconi il modello ambrosiano di apertura internazionale a un mondo che cambia".