Relazioni pericolose: banche vs imprese
La situazione del mercato del credito in Italia mostra oggi i segni di una recessione dura. Lo indicano i dati più aggiornati pubblicati da Banca d'Italia e dall'Associazione bancaria italiana.
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Stefano Gatti |
Sul fronte dell'economia reale, in luglio l'indice destagionalizzato della produzione industriale ha segnato un calo del 7,3%. Le previsioni Abi a fine luglio indicano una flessione del pil del 2% e una previsione per il 2013 di -0,2%. Peraltro, indicazioni recenti dell'Fmi segnalano in realtà una recessione anche per tutto il 2013. Sul fronte finanziario, i dati Abi mostrano che l'importo totale dei prestiti bancari a famiglie e imprese non finanziarie ha registrato un calo tendenziale dell'1,9% a fronte del -1,1% dello scorso luglio. Nel comparto del credito alle imprese, il segmento dei finanziamenti a breve termine subisce una contrazione del 3,8%, mentre quelli a medio-lungo termine registrano un calo più lieve, nell'ordine dell'1,3%.In definitiva, indipendentemente dalla visuale adottata, la relazione tra economia reale ed economia finanziaria non indica segnali chiari di ripresa. Può però essere utile fare il punto su alcuni elementi che possono consentire di interpretare meglio la situazione che il sistema Italia sta vivendo. Il primo è che non è del tutto chiaro quale sia la relazione causa-effetto dell'andamento attuale del mercato del credito. Il sistema bancario imputa il calo del credito a effetti recessivi sul fronte reale (l'economia rallenta quindi cala la domanda di credito). Per contro, l'associazionismo industriale dirige le ragioni della crisi della produzione industriale verso fenomeni di stretta creditizia e di razionamento del credito verso alcune tipologie di imprese. Per inciso, i dati di Banca d'Italia segnalano un rallentamento della concessione del credito più marcata per le pmi rispetto ai finanziamenti alle imprese di dimensioni maggiori. Il secondo è che, indipendentemente dalla relazione causa-effetto, il peggioramento del quadro macroeconomico ha ripercussioni sul livello di rischiosità degli attivi bancari. Diversi analisti indicano nella crescita dei crediti problematici una delle difficoltà più significative che il sistema bancario italiano dovrà affrontare di qui a fine anno e per tutto il 2013. A fronte di una ridotta esposizione su attivi tossici rispetto ad altri paesi dell'Ue, le banche italiane sono più colpite da effetti reali sul proprio portafoglio crediti. Il terzo elemento è che, come altri paesi periferici, la recente crisi dei debiti sovrani ha un ovvio effetto di spill over sull'economia reale. A fronte di una situazione politica europea incerta sulla direzione da intraprendere per assicurare protezione ai paesi a più alto livello di debito pubblico e della conseguente volatilità delle quotazioni del debito sovrano, il premio per il rischio paese si trasforma in premio al rischio sul settore privato. L'aumentato costo della raccolta viene traslato sul costo dei finanziamenti. Il maggior costo del credito deprime ulteriormente le performance economiche delle imprese italiane. La via di uscita da questo circolo vizioso sta in un mix di aumentata credibilità del sistema paese a livello internazionale, maggiore fiducia nella capacità dello Stato italiano di reggere un debito sostenibile, riduzione dei livelli di tasso di interesse nel medio termine. Se questi fattori dovessero consentire una riduzione dello spread di 200 punti base (come indicato da Banca d'Italia) i segnali positivi relativi all'export italiano potrebbero consolidarsi e, a fronte di una domanda interna ancora debole nel prossimo anno, consentire di agganciare più rapidamente una ripresa macroeconomica utile al contenimento del rapporto debito pubblico/pil.