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Razionare o riorganizzare?

, di Francesco Longo e Alberto Ricci - associato presso il Dipartimento di scienze sociali e politiche e SDA associate professor of practice
Finanziamento, inflazione e crescita dei bisogni: i tre grandi elementi che oggi concorrono a mettere sotto stress la Sanita' italiana. A questi si aggiunge l'anzianita' del personale e la carenza di infermieri. A livello regionale o aziendale, due le opzioni possibili

Il SSN analizzato dal Rapporto OASI 2023 si trova oggi di fronte a uno scenario di grande tensione, con almeno tre grandi elementi che concorrono a produrla. Il primo è il finanziamento, che nei prossimi anni si attesterà tra il 6% e il 6,5% del PIL, almeno tre punti al di sotto di Francia, Germania, Regno Unito. Il secondo, l'elevata inflazione. Il terzo, la crescita dei bisogni, inevitabile nel Paese più anziano d'Europa: le previsioni Istat prefigurano una crescita della popolazione over 65 da 14 a 19 milioni nei prossimi vent'anni, di cui 6 milioni che vivranno soli. In aggiunta a questi, vi sono due altri fattori cruciali di tensione: l'anzianità e la carenza di personale dell'SSN. L'anzianità tocca tutti gli ambiti professionali: i medici hanno un'età media di 51 anni e gli infermieri di 47, mentre quella dei direttori generali delle Aziende sanitarie arriva a 60. La carenza quantitativa, pur attenuata nel biennio della pandemia (+3% di nuovi dipendenti tra 2019 e 2021), è esacerbata da alcuni squilibri interni per i quali non si intravedono inversioni di tendenza.
L'Italia ha organici medici piuttosto in linea rispetto al resto d'Europa e in crescita dopo il recente ampiamento dei posti disponibili all'Università. Alcune rilevanti carenze riguardano specifiche discipline come emergenza-urgenza, anestesia e rianimazione, o medicina di laboratorio. Tuttavia, la criticità più macroscopica è, a oggi, la ridotta dotazione di infermieri: 62 ogni 1.000 abitanti, comparabile alla Spagna (63) ma lontana da Francia (85), Regno Unito (87) e Germania (121). Il problema qui è la carenza crescente di "vocazioni": nell'anno accademico 2023-24, le facoltà di Infermieristica hanno registrato in media 1,2 domande per ogni posto. Nel 2012-13 il valore era pari a 2,7.
Quel è il risultato di queste dinamiche? Nel 2023, le facoltà di medicina offriranno al settore tanti medici quanti infermieri (10.000 circa), quando il fabbisogno dei secondi è circa 2,5-3 volte quello dei primi, anche considerando solamente la sostituzione degli attuali occupati.
Davanti a tele scenario sono possibili due diverse risposte da parte di chi, a livello regionale e aziendale, non decide l'entità sostanziale del finanziamento del SSN: il razionamento o la riorganizzazione.
Gli interventi di razionamento riducono al margine le singole voci di costo, o quantomeno ne frenano la crescita, cercando di mantenere gli stessi volumi erogativi. Questo approccio può fare leva sul tema della lotta allo spreco, che non sarà mai ridotto a zero. I criteri di valutazione dell'operato manageriale sono semplici: un migliore rapporto tra volumi di servizio e risorse erogate e l'equilibrio economico sanciscono il successo. Man mano che il vincolo delle risorse si acuisce, si possono ridurre progressivamente gli organici, l'ampiezza dei servizi di supporto e l'intensità assistenziale, aumentando le attese e le insoddisfazioni dei pazienti. Questi ultimi continuano però ad affluire senza filtri verso modelli di servizio ormai profondamente inadeguati.
La riorganizzazione, all'opposto, è un processo di cambiamento più profondo, che agisce su più leve. Si tratta innanzitutto di analizzare i consumi di prestazioni per individuare le aree di inappropriatezza (il paziente riceve più di quanto necessario) e quelle di inadeguatezza (il paziente riceve meno del necessario), cercando di avvicinare il trattamento ricevuto da pazienti con profili omogenei. Si tratta poi di definire le priorità di intervento, studiare i percorsi di accesso, riallocare le risorse, rimodulare i ruoli professionali, sviluppare e diffondere nuove competenze tecniche e gestionali. La chiave, spesso, è creare setting più appropriati e diversificati in relazione al bisogno dei pazienti, utilizzando anche le risorse digitali. Questo approccio valuta il proprio successo attraverso dimensioni più difficili da misurare: il tasso di copertura dei bisogni, l'equità degli accessi, la qualità dei servizi.