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Quando la speculazione si maschera da cultura

, di Massimiliano Nuccio - ricercatore del Centro Ask Bocconi
In Germania un manifesto contro i processi di rigenerazione urbana che nascondono operazioni di marketing

Interrogarsi se i giovani di talento scelgano il luogo dove vivere sulla base delle opportunità locali di lavoro o se, al contrario, le scelte di localizzazione delle imprese siano influenzate dalla concentrazione di capitale umano specializzato non è come chiedersi se venga prima l'uovo o la gallina. La risposta può avere profonde implicazioni in termini di politiche economiche legate allo sviluppo di un territorio o di un contesto urbano. Sulla scia del successo ottenuto da Richard Florida con il suo lavoro relativo all'ascesa della classe creativa, studiosi provenienti da diversi ambiti delle scienze sociali hanno provato a dimostrare che il paradigma portante della nuova società della conoscenza si basa sulla capacità degli individui più dotati intellettualmente e con un livello di educazione e una facoltà creativa superiori alla media di influenzare i percorsi di sviluppo di una città. Senza rischio di banalizzare, la formula magica della crescita elaborata a livello teorico e apparentemente sostenuta da robuste ricerche empiriche consiste in un mix urbano di diversità e tolleranza, di cui sarebbero campioni le comunità di artisti, omosessuali e stranieri, unito ad investimenti in capitale umano e innovazione tecnologica. Il brand della "città creativa" si va così ad aggiungere e, talvolta a sovrapporre, a quello della città intesa come macchina dello svago (Clark, 2004) e del consumo (Glaeser, 2001), in una prospettiva che definisce l'idoneità dello spazio geografico (in particolare urbano) a diventare attrattivo in relazione alla sua dotazione di servizi ad alto contenuto cognitivo e culturale.

Una critica a queste posizioni si solleva non solo dai policy maker, che in diverse parti del mondo riconoscono sempre più la pericolosa retorica delle ricette dalla facile replicazione, ma anche dal mondo accademico, come si è riscontrato al Colloquium Bocconi su Arts and Social Sciences, dove sono intervenuti Allen J. Scott dalla Ucla, guru della geografia economica, e Volker Kirchberg, sociologo dell'arte e della cultura alla Leuphana Universität di Lüneburg. Scott ha messo in guardia innanzitutto dal concetto fuzzy di creatività che talvolta mescola con estrema disinvoltura generica conoscenza, innovazione tecnico-scientifica e produzione artistica; quindi ha criticato l'enfasi non giustificata di certi studi sulle esternalità solamente positive attribuite all'investimento urbano orientato allo sviluppo di attività cognitive-culturali; infine, ha sottolineato come spesso si dimentichi dei nuovi muri che la cosiddetta classe creativa erige nei confronti dei lavoratori 'low skilled', che con il loro consentono la sopravvivenza e il funzionamento delle infrastrutture urbane. Kirchberg si è ispirato ad alcuni casi di città tedesche per ribadire il pericolo dell'uso strumentale della cultura e, in particolare, delle attività artistiche nell'ambito della pianificazione urbana. Ad Amburgo, proprio alcuni giorni prima del Colloquium, gli artisti sono scesi in piazza e hanno pubblicato un Manifesto contro i processi di rigenerazione urbana che vedono coinvolta l'arte come mera attività ornamentale a copertura di operazioni immobiliari e di marketing dalle conseguenze socialmente discutibili. A Berlino, come documenta il cortometraggio Gentrification a Berlino di Antinozzi e Marson, il fenomeno ha assunto proporzioni ancora più consistenti dal momento che la politica di promozione delle arti è stata apertamente deliberata e appoggiata dal governo locale come strumento di rinnovamento della città. Come è ormai riconosciuto anche in letteratura, infatti, la cosiddetta gentrification (il processo di cambiamento socio-residenziale, in cui classi benestanti ri-occupano aree urbane degradate) ha spesso conseguenze devastanti sull'identità dei quartieri, sulla trasformazione delle attività economiche e sulla composizione sociale dei suoi abitanti. L'uso funzionale dell'arte come dispositivo di posizionamento e competizione territoriali sulla base del suo attraente capitale simbolico pone complessità operative e responsabilità sociali non riducibili ad un'azione di branding urbano.