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Progettare citta' a misura di city users

, di Lanfranco Senn - docente a contratto senior
La sostenibilita' urbana trasforma non solo il modo di vivere ma anche le istituzioni cittadine con un mix tra servizi gestiti top down e autogestiti. Anche grazie alla tecnologia

Oggi già oltre il 50% della popolazione mondiale vive nelle città, ma le stime sono che nel 2050 questa percentuale supererà il 70%, con un aumento della dimensione urbana. Ci sono 20 città al mondo con più di 10 milioni di abitanti e 450 città hanno più di un milione di abitanti.
Queste tendenze all'inurbamento stanno creando numerose diseconomie esterne per le persone e le imprese, come la congestione e l'inquinamento ambientale. Ma il loro controllo non può neppure comportare il blocco della crescita e della competitività (lo sviluppo urbano) soprattutto in termini qualitativi.
Questa problematica è all'origine dei numerosi tentativi in atto in tutto il mondo di affrontare il tema della sostenibilità urbana. Tale concetto però non può dunque essere limitato all'aspetto ambientale. Infatti è opinione sempre più diffusa che la sostenibilità sia il frutto della combinazione di quattro dimensioni interdipendenti: oltre a quella ambientale vi sono anche quella economica, sociale e istituzionale.

Si fa sempre molta fatica ad approcciare il tema della sostenibilità in termini olistici e sistemici, perché i campi di intervento vengono affrontati in modo settoriale e quindi sempre parziale. Le politiche sono pensate spesso in termini separatamente energetici, edilizi, relativi alla mobilità, o alle implicazioni sociali (lavoro, sicurezza, assistenza, ecc.) e sono implementate dal lato dell'offerta, anche se chi deve fruire di una migliore qualità urbana sono i cittadini o, meglio ancora, i city users, residenti o pendolari, la cui percezione della vivibilità urbana è certamente unitaria. I cittadini infatti non possono accontentarsi di mettere in alternativa i singoli aspetti: non si rinuncia infatti a una energia più pulita in cambio di più verde, alle opportunità di lavoro in cambio della sicurezza, all'educazione dei figli in cambio di una edilizia più sostenibile. Non esiste una sommatoria di esigenze indipendenti ma un insieme di soluzioni per una migliore qualità della vita.
Se si guarda al cittadino o, ancora meglio, alle persone che vivono la città, si guarda dunque al fenomeno della sostenibilità dal punto di vista della domanda e al grado di soddisfazione (customer satisfaction) di chi vive la città nel suo insieme: ma questo esige un profondo cambiamento culturale di prospettiva.

La consapevolezza che non sempre le istituzioni siano capaci, o abbiano la possibilità organizzativa, di guardare alle esigenze dei cittadini in termini sistemici, inizia a muovere la loro creatività facendoli diventare protagonisti della sostenibilità. In certi campi del vivere urbano si inizia a parlare dei cittadini come prosumer: produttori e al tempo stesso consumatori dell'insieme dei servizi con cui essi identificano la vivibilità della città.
Esempio del crescente prosumerism è la mobilità sostenibile, in cui i cittadini affrontano il proprio bisogno di mobilità, dandosi la risposta: guidando la propria auto o adottando forme di car sharing o di car pooling. Altro esempio è quello dell'autocontrollo dei propri consumi energetici (distribuendoli più saggiamente tra quelli diurni e quelli notturni), risparmiando il riscaldamento con materiali edilizi particolari, auto producendo energia (pannelli solari). Un terzo esempio è quello della raccolta differenziata dei rifiuti per i quali un maggiore impegno personale consente di ridurre la spesa pubblica relativa (e quindi le imposte a carico).
Poiché non è facile l'autogestione in totale autonomia di questi servizi senza tecnologie avanzate, la città considerata sostenibile è diventata sempre più smart, cioè intelligente nell'utilizzare tali tecnologie: si pensi ai cellulari come canale per prenotare il car o il bike sharing o per pagare gli accessi alle aree a traffico limitato; o alle smart grid per misurare i propri consumi idrici o energetici.

La città sostenibile è dunque una città in cui viene anche sfidata la governance della stessa: non più solo servizi concepiti e gestiti top down dalle istituzioni pubbliche ma non ancora, e forse mai, servizi totalmente autogestiti, perché è inevitabile e desiderabile il ruolo delle istituzioni come sede di una visione programmata del futuro sostenibile.