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Ponte si' ponte no. E se facessimo un tunnel?

, di Davide Ripamonti
Il governo ha rilanciato il progetto di costruire un'infrastruttura che unisca la Sicilia al Continente. Ma, come spiega Oliviero Baccelli, la soluzione individuata non e' la piu' moderna e sostenibile, e invita a guardare a quelle adottate da Norvegia, Danimarca e Germania

E' il simbolo, suo malgrado, della difficoltà a costruire opere pubbliche imponenti e impegnative nel nostro paese. Stiamo parlando del ponte sullo Stretto di Messina, di cui si parla fin da tempi antichi e tornato prepotentemente alla ribalta con l'entrata in carica del governo Meloni. Un'opera più volte annunciata, rimandata e accantonata che ora, forse, vedrà partire i lavori. Un'opera necessaria, secondo molti, anche se il disaccordo su quale soluzione adottare è quantomai aspro. Ne parliamo in questa intervista con Oliviero Baccelli, direttore del Master in Economia e Management dei trasporti, infrastrutture e supply chain dell'Università Bocconi.

Quali sono gli ostacoli e le perplessità intorno a un'infrastruttura di cui si parla da 50 anni?
Il tema è molto complesso. Si parte dai costi elevati (stimati tra i 6 e i 10 miliardi), per passare alle tematiche ambientaliste visto che il ponte impatterebbe su un'area con una fauna e una flora molto particolari. E poi ovviamente ci sono le caratteristiche geologiche dei fondali e dei tratti appenninici attraversati, il forte vento, le correnti, il contesto altamente urbanizzato, sia in Calabria sia in Sicilia, oltreché le problematiche sismiche. Tutti argomenti che rendono di difficile realizzazione il progetto di ponte a campata unica che attualmente è la soluzione maggiormente gettonata.

Un progetto, va ricordato, che ha qualche anno. E che alcuni considerano obsoleto, costoso e in definitiva poco conveniente. E' davvero così e, nel caso, perché non si prevedono alternative?
Premesso che guardo con soddisfazione al fatto che la costruzione del ponte sia tra le priorità, devo anche dire che il progetto è datato 2011 e nel frattempo le tecnologie hanno fatto passi in avanti. Però è a tutti gli effetti l'unico progetto su cui si sia già a buon punto, per il quale siano già stati fatti alcuni lavori preliminari e con un consorzio di aziende a sua volta pronto a partire. Diciamo che, dal punto di vista amministrativo e burocratico, è la soluzione più pratica e con almeno tre anni di vantaggio rispetto alle alternative da pianificare in modo più dettagliato.

Quali sono le alternative che potrebbero essere prese in considerazione?
Il ponte che si ha in mente di realizzare avrebbe una lunghezza di circa 3,5 chilometri e sarebbe il più lungo al mondo realizzato negli ultimi anni con questa modalità. Sarebbe obsoleto, costoso e sovradimensionato rispetto alle aspettative di traffico che sono state stimate, con anche alti costi per la manutenzione. Io conosco bene la situazione della Norvegia, dove nella zona dei fiordi sono stati realizzati numerosi tunnel sottomarini, anche molto lunghi (16 km) e ad alte profondità (330 metri), che impattano davvero pochissimo sull'ambiente circostante. Si tratta di tunnel che consentono solo il traffico automobilistico e non, come prevede la normativa per l'attraversamento dello Stretto, anche quello ferroviario, ma è questa secondo me la strada a cui si deve guardare.

Un'opzione a cui alcuni guardano è il tunnel sottomarino, il Fehmarnbelt, che unirà la Germania alla Danimarca. Lei che cosa ne pensa?
Si tratta di un'opera molto lunga, 18 km, che consentirà sia il passaggio automobilistico sia quello ferroviario, realizzata in modo, se mi passate il termine, frugale, molto semplice e poco impattante, che prende spunto anche dall'evoluzione degli impianti eolici off shore. E sarebbe l'ideale anche per lo Stretto di Messina. In pratica, si potrebbero collegare Messina e Reggio Calabria con un tunnel che poggia su piloni alti fra i 25 e il 60 metri posti sotto il livello del mare. Questo risolverebbe i problemi di navigazione nello stretto, un tratto di mare percorso da enormi navi cargo e da crociera di cui, qualora si realizzasse il ponte a campata unica, ma anche a tre campate, bisognerebbe tenere conto. Inoltre si eviterebbe anche la costruzione di nuovi cantieri, perché le parti semiaffondanti potrebbero essere costruite altrove, dove le aree portuali per i cantieri sarebbero meno impattanti, e portate in loco all'ultimo momento. E' una soluzione che è già stata ipotizzata, così come altre, ma, come dicevo prima, sono molto più indietro rispetto al progetto di ponte a campata unica.

Alla fine, ha quindi ragione chi il ponte proprio non lo vuole?
No, questo no. La connessione tra Messina e Reggio Calabria, città che soffrono da anni di declino demografico e occupazionale, va assolutamente valorizzata. Alcuni si chiedono che senso abbia connettere sistemi di trasporto 'poveri' con 'poveri', ma in realtà è una motivazione priva di senso. Sulle tratte ferroviarie siciliane sono attivi molti cantieri, la stessa Salerno-Reggio Calabria, tranne gli ultimi chilometri, è adesso un'autostrada di buon livello. Bisogna poi considerare le opportunità di rilancio di due aree metropolitane, delle università, dei centri culturali, del terziario di alto livello, realtà che hanno bisogno di connettersi con quelle di altre città. Solo che il progetto di ponte allo studio rischia di non rispondere a queste esigenze. Alla fine, viste le distanze da compiere e anche i probabili alti costi dei pedaggi, sarà più conveniente continuare a prendere gli aliscafi.