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Pomigliano e Mirafiori, mesi che fanno la storia

, di Stefano Liebman - direttore della Scuola di giurisprudenza
Una vicenda che poteva rimanere un'eccezione è diventata un prova di forza con effetti sull'intero sistema

In principio (primavera 2010) fu lo stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco: un caso eccezionale, una storia molto particolare segnata da fenomeni paradossali di assenteismo, l'occasione per sperimentare sul campo l'operatività di un 'accordo quadro' sulle regole della contrattazione collettiva (2009) che, con il dissenso della Cgil, puntava al rafforzamento del livello decentrato di contrattazione collettiva, prefigurando anche la legittimità di 'deroghe' al contratto nazionale di categoria a fronte di specificità che le giustificassero. L'alternativa posta dall'azienda fra il rilancio dello stabilimento con il ritorno in Italia, a Pomigliano appunto, della produzione della Panda ovvero il suo mantenimento in Polonia e la chiusura dello storico insediamento campano sembrava giustificare l'accettazione, da parte dei dipendenti e delle relative organizzazioni rappresentative, di un accordo molto pesante in termini di organizzazione dei ritmi di lavoro e, soprattutto, di contrasto dell'assenteismo.

Al di là dei contenuti più sindacali (orario di lavoro, ritmi produttivi, trattamento delle assenze per malattia), la novità della proposta aziendale, accettata dalle organizzazioni dei lavoratori con l'eccezione di Fiom-Cgil, fu un inedito rafforzamento della cosiddetta clausola di responsabilità sindacale. Rafforzamento ottenuto con l'affiancamento agli impegni tradizionalmente assunti dalle organizzazioni stipulanti di una sorta di responsabilità disciplinare del singolo lavoratore che dovesse violare le clausole pattuite, tra le quali anche l'impegno a non porre in essere alcun comportamento con esse contrastante. La formulazione volutamente ambigua del testo portò alla divergente interpretazione dei fautori e degli oppositori dell'accordo: da un lato l'azienda, che negava la sussistenza di una responsabilità disciplinare del singolo che dovesse decidere di partecipare a uno sciopero, dall'altra la Fiom che denunciava la pretesa violazione dell'art. 40 della Costituzione, quantomeno nella sua tradizionale configurazione quale diritto individuale, non disponibile da parte delle organizzazioni sindacali. L'accordo fu sottoposto a referendum e fu approvato con una maggioranza di poco superiore al 60% dei dipendenti interessati.Poi venne Mirafiori e nel dicembre 2010 la vicenda finì per ripetersi. Un accordo analogo fu sottoposto al vaglio referendario e i sì prevalsero nuovamente, anche se con una percentuale inferiore, pari al 54%, significativamente difforme rispetto alle quote di lavoratori rispettivamente aderenti alle associazioni sindacali firmatarie e a quella dissenziente. Come era forse prevedibile, ciò che avrebbe potuto rimanere l'eccezione si è riproposto in uno scenario complessivo drammatizzato dall'eco mediatica e dal minacciato abbandono dello storico stabilimento torinese da parte di Fiat in caso di mancata approvazione da parte dei lavoratori ed è diventato l'occasione per una prova di forza destinata a ripercuotersi sugli assetti complessivi del nostro sistema di relazioni industriali.Nel frattempo Federmeccanica ha dato disdetta del contratto collettivo 2008, l'ultimo sottoscritto unitariamente da tutte le sigle sindacali e Fiat ha costituito due 'Newco', che non aderiranno a Confindustria e che acquisiranno la gestione di Pomigliano e di Torino, sottraendosi così agli impegni derivanti dall'applicazione dei contratti sottoscritti dall'organizzazione datoriale e dagli obblighi di legge, in materia di riconoscimento dei diritti sindacali, nei confronti di quel sindacato, la Fiom, che non ha sottoscritto il relativo contratto aziendale. Nel riferirsi a questa complessa vicenda un autorevole commentatore ha recentemente evocato l'immagine di una "cronaca che si fa storia". Non so quanto di tutto questo sia destinato alle future ricostruzioni storiografiche: di sicuro, però, ha richiamato l'attenzione sul tema della rappresentanza sindacale, rendendo palesi le storiche, queste sì, responsabilità della politica, della cultura e delle organizzazioni rappresentative degli interessi su un tema cruciale per l'evoluzione economica e sociale del paese.